“Robbè, damose del tu eh, perché alla pallavolo siamo una grande famiglia”. Ci mise cinque secondi Simonetta a farmi sentire uno, appunto, della grande famiglia della pallavolo italiana. Era una delle mie prime interviste da bordocampista del volley e quando Marco Nosotti, che faceva la telecronaca, mi disse di sentire Simonetta tra un set e l’altro, fu lei a rompere il ghiaccio mettendo me, allora giovane cronista, a mio agio. Oggi, che Simonetta non c’è più, resta un grande vuoto nel cuore della pallavolo italiana e nei cuori di chi l’ha conosciuta. Per lo spessore umano della persona e per aver fatto del volley la sua ragione di vita. Perché Simonetta è stata “la” pallavolo italiana, formando decine di ragazze con la sua esperienza, con i suoi insegnamenti, con le sue parole mai fuori posto. Con dedizione ed altruismo, con fermezza e dolcezza, scoprendo e imparando sempre, prima di insegnare agli altri. Lezioni di vita, prima che di sport. E non è un caso che una delle campionesse da lei forgiate, Manuela Leggeri, avesse alzato al cielo di Berlino, in quell’indimenticabile Mondiale del 2002, la Coppa del Mondo, primo grande trofeo dell’Ital volley femminile, prima dell’oro olimpico di Parigi. Grazie Simonetta, per tutto quanto hai fatto per la pallavolo italiana e grazie per avermi fatto sentire sin dal nostro primo incontro, uno della grande famiglia del volley. Ora regala i tuoi sorrisi ed i tuoi abbracci tra gli angeli della pallavolo, noi qui cercheremo di portare avanti le tue idee, i tuoi progetti, il tuo amore per questo bellissimo sport.
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