Casper Ruud è stato tra i primi colleghi a sostenere Jannik Sinner nella “bufera mediatica” scatenata dalla positività dell’azzurro al Clostebol, vicenda poi conclusa a sorpresa con un accordo proposto da WADA e accettato, con discreta riluttanza, da nostro campione di Sesto Pusteria. Interpellato in quel di Acapulco dal collega statunitense Ben Rothenberg, Ruud ha spiegato più nel dettaglio la sua posizione in merito alla vicenda di Jannik. Nei giorni scorsi una sua breve dichiarazione era stata, a suo dire, mal tradotta e quindi non ben riportata. Casper approfitta così della breve intervista per dettagliare il suo pensiero, approvando la scelta di Sinner di acconsentire ad un accordo con WADA per il timore che le vie tutt’altro che rette di un procedimento giudiziario potessero riservargli sorprese ancor più amare di una sospensione comunque non meritata.
“Mi dispiace per Jannik. Secondo me, non ha fatto nulla in modo intenzionale” afferma Ruud al cronista statunitense. “E purtroppo non è la prima volta che succede, intendo un accordo per risolvere un questione e sospensione per doping, il che è stato probabilmente sorprendente per alcune persone. Guardando al sistema legale, non è insolito che una cosa del genere accada quando qualcuno sta per andare a processo. Voglio dire, ci sono molti altri casi in cui gli accordi sono avvenuti appena prima di un processo”.
“Se io fossi nei panni di Jannik ovviamente mi piacerebbe avere la possibilità di difendermi in un processo pubblico, cosa che sono sicuro lui stesse cercando. Ma se provo a mettermi al suo posto, penso che quando vai a processo c’è sempre il rischio che tu possa essere dichiarato colpevole, se le giurie o i giudici vedono le cose in modo diverso. Guarda in quanti casi al mondo qualcuno è andato in prigione pur non essendo colpevole. Quindi, c’è sempre il rischio che tu possa essere dichiarato colpevole anche se non lo sei. Per questo un accordo di tre mesi, o una sospensione di tre mesi, è stato qualcosa che entrambe le parti sono state felici di fare. Tuttavia, mi dispiace per Jannik. Starà fuori, perderà 4 Masters 1000 su 9 per qualcosa che non ha fatto intenzionalmente“.
“Spero che Sinner vada avanti a testa alta. Personalmente, faccio sempre il tifo per lui. Penso che sia una gioia vederlo giocare e spero che i tre mesi passino velocemente. Sì, è solo triste per lui, e per il tennis come sport quando il numero 1 al mondo attraversa qualcosa del genere. Questo è il mio pensiero al momento” conclude Ruud.
Il giornalista americano ha chiesto un parere anche a Shelton e Paul, ma le posizioni dei due sono state assai diverse. Beh ha tagliato corto: “L’accordo è stato raggiunto. Il caso è chiuso. Sono solo contento che ora possiamo giocare, andare avanti. I miei pensieri sono i miei pensieri. Molte persone vogliono parlare mentre io sono qui solo per giocare”.
Così invece ha parlato Tommy Paul, senza alcuna voglia di esporsi sul caso: “Non lo so davvero… Cioè, cerco di starne fuori il più possibile. Lui gioca un tennis incredibile. Mi ha battuto prima che uscisse fuori tutta questa roba, e mi ha battuto anche dopo. Ha gestito la situazione in modo incredibilmente buono. Ovviamente ha vinto per tutto il tempo in cui ha dovuto affrontare tutta questa faccenda. Non ne so abbastanza sulla situazione. Si sentono dire così tante cose che non so davvero cosa sia vero e cosa non lo sia. Quindi è difficile per me commentare”.
Le parole di Paul piuttosto sollevano una riflessione più ampia. Certamente Tommy, se avesse la voglia di farlo, potrebbe facilmente informarsi nei particolari della faccenda leggendo le carte, come per esempio ben fatto da Chris Eubanks (non a caso uno dei primi e più convinti sostenitori di Sinner tra i colleghi), o i media che hanno affrontato la vicenda con rigore (BBC di recente) o anche podcast che hanno affrontato la questione con dovizia di particolari (quello di Andy Roddick su tutti, davvero un contributo onesto e dettagliato). Tuttavia spiace rilevare che la informazione sul caso riportata da molti media internazionali – di settore e non, alcuni anche importanti – è stata lacunosa e con zone d’ombra, tanto da alimentare confusione e sospetti. E non parlo delle “sparate” social di uno sparuto manipolo di giocatori o ex che, proprio con le loro parole, hanno dimostrato la totale ignoranza della vicenda e pregiudizi, ma di player importanti della informazione sportiva e non che così facendo non hanno reso affatto un buon servizio alla comunità.
Marco Mazzoni