Dominic Thiem sta per appendere la racchetta al chiodo. Il viennese ha annunciato da tempo che l’ATP 500 di Vienna sarà il suo ultimo torneo, evento da lui scelto per salutare il mondo del tennis e il pubblico nella sua città natale al termine di una splendida carriera, interrotta troppo presto per il problema al polso mai davvero superato, occorso pochi mesi dopo aver vinto il suo unico Slam a US Open nel 2020, quindi nel momento migliore della sua vita sportiva. Non sapremo mai come sarebbe andata se non si fosse infortunato, e se poco prima del “crack” all’articolazione non avesse vissuto una sorta di crollo emotivo, arrivato questo appena dopo la vittoria a New York, alloro che ha rincorso per tutta la sua vita e che, oggi, guarda con un disincanto sorprendente. “Domi” è stato un tennista muscolare, mai domo e capace di regalare agli appassionati splendide battaglie contro i migliori, a volte riuscendo a batterli. Prima del suo torneo di addio, Thiem ha rilasciato una lunga intervista a Tennis Major, nel quale ha spaziato su molti temi, del passato, del suo presente ma anche del suo futuro. Dominic infatti ha già piuttosto chiaro quel che sarà il suo domani, da ex giocatore: concentrarsi sull’insegnamento ai giovani presso la sua Academy, ma anche un investimento imprenditoriale nel quale crede molto.
“Sto cercando di vivere queste mie ultime giornate da Pro come ho sempre fatto, come un ‘normale giorno in ufficio’, ma questo periodo ammetto che è stato davvero emozionante” racconta Thiem. “Dieci giorni fa c’erano i premi dell’atleta austriaco dell’anno. Ho ricevuto un premio speciale, è stato fantastico. Il premio prende il nome da Niki Lauda, il pilota di Formula Uno austriaco. E negli ultimi giorni sono stato impegnato in mille eventi. Quindi sono stati momenti emozionanti, e mi hanno fatto vedere con chiarezza che si sta avvicinando la fine della mia carriera. Ma oggi è stato normale, con un buon allenamento al mattino”.
“Sono una persona che programma il futuro, e già da tempo ho chiaro cosa farò dopo il ritiro. Da quando ho preso la decisione di ritirarmi dopo il torneo di Vienna, abbiamo già avviato due progetti principali. Uno è Thiem Energy, elettricità pulita dal sole, un progetto che credo sia per il bene comune nel quale ho investito e credo molto. Tutti possono unirsi in Austria, forse un (giorno) a livello internazionale. Ed è un sacco di lavoro da fare, in realtà. Sono sicuro che questo sia il nostro futuro e mi impegnerò in prima persona per far importanti passi in avanti in questa direzione. In secondo luogo, c’è anche la nostra accademia di tennis. Penso che potrò prendermi qualche settimana di pausa per smaltire un po’ di tristezza e la distanza dal tennis. Ma poi voglio davvero aiutare i giovani giocatori a crescere e a fare il passo da junior a giocatore professionista. Voglio restituire qualcosa al tennis, perché il tennis mi ha dato così tanto. In una giornata fredda, piovosa e nebbiosa mi prenderò anche del tempo per sedermi da solo e riflettere sulla mia carriera perché sono successe così tante cose, ho vissuto così tante belle esperienze. Tutto sta andando molto velocemente. Anche, ad esempio, quando mi sono infortunato, l’obiettivo era di riprendermi e tornare il più velocemente possibile. Quindi non c’è mai stato tempo per riflettere davvero o elaborare tutte le emozioni. Quindi di sicuro voglio fare anche questo. A me piace riflettere”.
Solo giovani o anche esperienze con qualche promessa da seguire sul tour? “In futuro non lo so, ma al momento non voglio o non ho intenzione di tornare come allenatore sul tour. Sono un po’ stanco di viaggiare, soprattutto quando c’è da andare davvero lontano. E oggi ci sono allenatori di tennis molto migliori di me, da quel punto di vista ho tanto da imparare. Ma di sicuro invece di aver vissuto esperienze importanti che possono essere molto utili per i giovani, in particolare nell’età compresa tra i 15 e i 20, quando succedono tante cose e devi fare quel passo. Non sono cresciuto così velocemente come, ad esempio, Carlos Alcaraz o molti altri giovani giocatori. Ci è voluto un po’. Ho dovuto soffrire molto anch’io. Ho in programma di fare di più in questo senso. Voglio aiutare i giocatori austriaci o anche di altri paesi, l’accademia è internazionale. Quindi, sì, non importa da dove provengono i giocatori. Io ci sarò per loro”.
Molto curiosa la risposta di Dominic alla domanda se l’aver vinto uno Slam ha cambiato la sua vita. “Onestamente, penso che all’epoca dover vincere uno Slam fosse…. come dire, la prendessi troppo sul serio per la mia carriera e per la mia vita. Pensavo addirittura che mi avrebbe reso felice per sempre e che avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Ma, ovviamente, oggi posso dire non è affatto così. È un’illusione. Fondamentalmente, dopo aver vinto US Open non è cambiato nulla. E penso che tra 20 anni, spero che se saremo ancora qui, a nessuno interesserà davvero se io sono stato o meno un campione di Slam. Conta la persona che sei. Allora, non la pensavo così. Pensavo davvero: “OK, se non vincerò uno Slam nella mia carriera, la mia carriera non sarà stata eccezionale e avrò sempre dei rimpianti”. Non era una situazione facile. Certo, è molto bello avere il titolo, avere il trofeo a casa, qualcosa per cui sono entrato per così dire nella storia ma… alla fine è comunque solo un trofeo e non dovrebbe fare una grande differenza nella vita. Ecco come la vedo ora”.
Una risposta davvero non banale in un mondo sempre più competitivo e nel quale aver vinto uno Slam è considerato da tutti un passaggio obbligato, la differenza tra i veri campioni o meno. Thiem è forse diverso. Nonostante sia stato un grandissimo fighter, guarda anche oltre al puro fatto agonistico. E forse anche per questo è stato un tennista daverro amato e persona molto, molto stimata.
Marco Mazzoni