Un’anca dolorante e un cuore spezzato: la rinuncia di Jannik Sinner a Roma fa male. Malissimo. Priva il Foro del suo gladiatore più atteso e mette ansia a chi non aspetta altro che il sorpasso a Djokovic in vetta al ranking ATP.
Rinuncia dolorosa, ma necessaria
Meglio prevenire, piegandosi a una rinuncia dolorosa, che ignorare i segnali, rischiando uno stop ancora più lungo: l’infiammazione all’anca che Sinner si porta dietro da Monte-Carlo richiede riposo e attenzione. Determinati movimenti sul campo da gioco peggiorano il dolore e giocarci sopra come avvenuto a Madrid contro Kotov e Khachanov, significherebbe compromettere uno sprint sull’asse Parigi-Londra-Parigi che comprende Roland Garros, Wimbledon e una medaglia alle Olimpiadi.
Il calendario fitto e i tanti infortuni
La rinuncia di Jannik a Roma squarcia prepotentemente il velo di indifferenza su un calendario troppo fitto, vorticoso e criticato, ma mai troppo ad alta voce, dai giocatori. L’anca di Sinner, l’avambraccio di Alcaraz, provato dai troppi strappi con il dritto, l’inguine di Medvedev: il tennis è diventato più fisico, più massacrante, più bulimico. Vincere vuol dire aumentare i tornei da giocare, guadagnare punti vuol dire avere l’ansia di difenderli e la programmazione è un lusso permesso soltanto a chi, come Djokovic, non ha più nulla da chiedere a se stesso e da dimostrare agli altri.
Parola d’ordine: riposo
Fermarsi e concedersi un riposo assoluto in queste due settimane vuol dire avere visione e prospettiva: la visione di guardare a una stagione nell’insieme e non al singolo appuntamento e la prospettiva di preservare il proprio corpo per regalarsi una carriera più lunga possibile. E per regalare ancora tante, tantissime gioie al tennis italiano. A Roma e negli Slam.