Gli auguri a Sinner per una grande carriera, l’amarezza per non essere più parte del team di Jannik, l’orgoglio dei successi condivisi in questi anni e per essere comunque stato “professionale al 100%“. Con un lungo post pubblicato su Instagram, Giacomo Naldi saluta la squadra di cui ha fatto parte fino a quando il caso doping non ha portato Sinner ad allontare lui e Umberto Ferrara. La causa: lo spray cicatrizzante comprato da Ferrara e utilizzato da Naldi per curarsi una ferita a un dito, che ha poi determinato la contaminazione di Sinner e la positività a tracce in quantità infinitesimali di Clostebol.
Naldi: “Io professionale al 100%, dato il massimo”
“Un anno e mezzo fa mi sono unito ad un gruppo di lavoro fantastico -scrive il fisioterapista sui social- composto da brave persone, grandi professionisti, compagni di viaggio. Con loro ho vissuto momenti di gioia e dolore, condiviso emozioni, assaporato vittorie e sconfitte. Con le persone di questo gruppo, ho creato un legame forte, ma soprattutto ho potuto raggiungere traguardi storici, che ci hanno portato nella storia del tennis italiano. Sono orgoglioso di aver fatto parte di questo grande Team, consapevole di aver dato il massimo, di essere stato professionale al 100% ma anche di aver dato di più, perché quando ci metti il cuore è certo che dai di più. Fa male pensare di non esserne più parte, dura non essere nel box con voi e tifare per Jannik, ma dovrò abituarmici in fretta. Grazie Vagno, Darren, Umbe, Cipo, è stato un viaggio bellissimo, una storia indimenticabile. Grazie Jannik e in bocca al lupo, per una grande carriera, sei un campione. Grazie anche ad Alex, Joseph, Larry, Pierre, Ruben e tutte le persone importanti per il Team. Infine, grazie a tutte le persone che in questi giorni non hanno giudicato superficialmente“
Naldi, lo sfogo social
Poi uno sfogo finale, da parte di Giacomo Naldi: “È proprio vero che esistono due binari della giustizia: quella vera sancita dai Tribunali e quella (purtroppo più efficace) sancita dai media. Quest’ultima troppo spesso superficiale e raramente basata sui fatti concreti, che in questo caso, peraltro, sono pubblici. Da spettatore mi sono sempre chiesto quale fosse l’obiettivo di spettacolarizzare le vicende giudiziarie, se non quello di giudicare, creare o distruggere le persone e la loro reputazione. Oggi che ne sono protagonista, ne ho la conferma“.