L’emozione per un’impresa fatta di coraggio e stoicismo, di fronte a un pubblico eccezionale sia in circuito che in Tv – 141.056 presenti nel weekend di Misano, 2.368.000 telespettatori domenica su SkySport e TV8 per il 19,1% di share – lascia inevitabilmente lo spazio al pragmatismo della classifica. Perché, in fondo, anche l’obiettivo del secondo titolo consecutivo, che solo Valentino Rossi e Marc Marquez hanno ottenuto nell’era MotoGP, ha contribuito a rimettere in piedi Pecco Bagnaia pochi giorni dopo lo spavento di Barcellona. E Misano, pur con due podi che hanno premiato il coraggio del torinese, ha dato ragione al campione del mondo e alla sua intenzione di anticipare i tempi, visto il rendimento degli inseguitori Jorge Martin e Marco Bezzecchi, primo e secondo sia sabato che domenica.
Bagnaia, i rivali del Mondiale
Il romagnolo è più staccato, 64 lunghezze, e non ha ancora l’esperienza per essere costantemente al vertice: a Jerez ha ottenuto un solo punto, ad Austin è stato due volte sesto, e a Barcellona, complice la mano dolorante, ha chiuso il GP soltanto 12°. Più pericoloso è Martin, rilanciato dai due successi in casa dei rivali a Misano, dove ha anche ottenuto la prima pole position stagionale, un inedito per un pilota esplosivo come pochi. Il madrileno è risalito a -36 dalla vetta, grazie alle 30 lunghezze recuperate rispetto al sabato sera di Barcellona. Al terzo anno in MotoGP, e con una Ducati GP23 che asseconda le sue caratteristiche molto di più rispetto alla GP22, Martinator ha trovato la maturità per competere per il titolo. Senza dimenticare la voglia di convincere la Ducati, che un anno fa gli aveva preferito in extremis Enea Bastianini per il team ufficiale. «Voglio diventare il primo “satellite” a vincere la MotoGP », ha ripetuto negli ultimi mesi, e a Misano il tifoso dell’Atletico Madrid – per questo abituato a partire sfavorito – ha evoluto il proprio mantra. «La pressione è sulle spalle degli ufficiali. Come Bagnaia…» . Pecco e Jorge si conoscono da una vita: sono quasi coetanei (12 mesi di differenza) e quando lo spagnolo entrò nel Mondiale della Moto3 con la Mahindra, si ritrovò nello stesso box di Bagnaia, e tra i compagni di marca c’era anche Bezzecchi. Dalla non irresistibile moto indiana all’albo d’oro in cui entrambi sono entrati nel 2018, con Bagnaia campione della Moto2 e Martin della Moto3, fino al testimone passato dall’azzurro all’iberico nel Team Pramac a fine 2020, le vicende dei due si sono spesso incrociate. E oggi portano al duello tutto Ducati per il titolo della classe regina.
Bagnaia, la sua velocità una garanzia
Bagnaia ha il vantaggio di chi ha già vinto, non a caso quest’anno ha gestito con più tranquillità i momenti delicati. Resta incline agli errori, con quattro cadute in gara, ma la sua velocità è una garanzia: di domenica, quando è arrivato al traguardo, Pecco è sempre salito sul podio. Martin aveva stupito tutti nel 2021, andando in pole e sul podio già al secondo GP della classe regina, salvo poi rischiare grosso a Portimao, in una caduta spaventosa che fece persino balenare pensieri di ritiro. Jorge si rialzò in fretta, vincendo il primo GP sulla Ducati persino prima di Bagnaia, nell’agosto di due anni fa. Martinator ha trovato la continuità, e quando delude finisce comunque tra i primi sei. La coesione con il Team Pramac – e con una moto analoga a quella di Pecco – è alle stelle. E allora diventa sfida aperta: otto GP, 296 punti in palio, ad armi pari, con le incognite (in primis climatiche) delle gare asiatiche e di piste inedite come l’India. Dove fra 15 giorni Bagnaia promette di «essere nuovamente al 100%».
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