La separazione tra Novak Djokovic e Maria Vajda è uno dei fatti più importanti accaduti nel 2022 tennistico. Dopo i ringraziamenti di rito, lo slovacco ha parlato al media nazionale Sport.sk, spiegando il suo punto di vista sulla rottura con l’ex n.1 del mondo. Una frattura inaspettata che ha interrotto un percorso incredibile, fatto di 20 Slam e record inimmaginabili quando i due hanno iniziato a lavorare assieme. A detta di Vajda, la miccia che ha provocato la frattura è stata la decisione di Novak di giocare alle Olimpiadi di Tokyo, scelta che l’ex coach non ha affatto condiviso.
“Abbiamo raggiunto un accordo ufficiale dopo le ATP Finals di Torino, anche se le cose si erano già guastate dopo la finale degli US Open contro Medvedev. Novak non è riuscito a vincere il suo 21esimo Slam e il Grande Slam nello stesso anno. Mi aveva promesso che sarebbe venuto a Bratislava per parlare con me e che in qualche modo avremmo finito tutto bene, ma ci sono stati momenti difficili e alla fine mi ha invitato a Torino dove abbiamo terminato il rapporto. Non era giusto che la decisione fosse comunicata nel corso dello scorso dicembre, piuttosto burrascoso, e con il suo viaggio sbagliato in Australia in seguito. Ma il giornalista Sasa Ozmo lo ha scoperto e pubblicato, quindi Novak non ha avuto altra scelta che rilasciare la nostra dichiarazione congiunta”.
Ecco il passaggio in cui spiega i veri motivi dell’addio: “Le cose non andavano bene già da luglio. Agli US Open aveva esaurito gran parte delle sue forze dopo la fatica fatta alle Olimpiadi. Non ero favorevole alla sua partecipazione ai Giochi, i tempi erano troppo ristretti, troppo poco per prepararsi a vincere a New York visto lo sforzo psicofisico enorme che lo attendeva. Ovviamente ho capito il suo obiettivo, dare alla Serbia un oro. Questo ci ha portato a una frizione. E poi è arrivata la questione della non vaccinazione, il fatto che non giocherà molti tornei da non vaccinato e che ha già una squadra potente con Goran Ivanisevic a suo fianco. Dopo aver valutato tutte le circostanze, abbiamo deciso di comune accordo di interrompere la nostra collaborazione professionale”.
Vajda è molto modesto quando gli chiedono sul proprio contributo ai successi di Djokovic: “Non è stato un percorso facile. Mi sono sempre fidato di Novak, devo dire che sono stato in grado di aiutarlo nella sua carriera e quindi c’è del mio merito nei suoi successi. È una soddisfazione enorme dopo tanto sacrificio. Anche se devo sottolineare che giocatori come lui non escono esattamente tutti i giorni. Oggi posso affermare di aver allenato il miglior tennista di sempre”.
Si era scritto che Marian aveva scelto di lasciare Djokovic per starsene finalmente a casa dopo anni e anni sul tour. In realtà, dalle parole dello slovacco traspare la voglia di trovare un’altra sfida dopo una pausa: “Dopo tanti anni di viaggio, vuoi riposarti e trascorrere del tempo a casa. Ma so che non ci starò per sempre. Mi piacerebbe sperimentare qualcosa di nuovo più avanti, una nuova sfida con un altro giocatore, anche se l’asticella è molto alta. I migliori allenatori non sono sempre fortunati con i loro allievi. Lendl ha trionfato con Murray ma non si è adattato a Zverev o anche Agassi ha ottenuto quasi niente con Djokovic”.
Vajda è sempre stato un porto sicuro per Djokovic. L’ha seguito per mano fin dai primi anni di carriera, assistendolo nel completamento tecnico (diritto e servizio, diventati colpi incredibili nel tempo) e agonistico. Da grande talento poco resistente nella lotta, Novak è diventato un muro, senza punti deboli, dominante. Il lavoro con il coach slovacco ha portato dividendi stellari. Vajda è stato certamente un coach attento e discreto, mai in prima pagina, dedito al lavoro e alla compattezza del team, accettando anche l’ingresso in squadra di personaggi ingombranti come Becker prima e Ivanisevic poi. È impossibile attribuire una percentuale della “mano del coach” ai successi di un giocatore, tuttavia appena Vajda vorrà rimettersi in pista, la sua esperienza, calma e serietà potrebbe far terribilmente comodo a tantissimi giocatori, giovani e non. Anche di casa nostra…
Marco Mazzoni