Alexander Zverev è il primo semifinalista del Roland Garros. Il tedesco ha battuto in quattro set e dopo una lotta di oltre tre ore lo spagnolo Carlos Alcaraz, sesta testa di serie del seeding. Sascha affronterà in semifinale il vincente di Nadal-Djokovic.
Zverev-Alcaraz 6-4, 6-4, 4-6, 7-6
Vincere un quarto di finale in uno Slam è già un traguardo notevole a priori, vincere un quarto di finale in uno Slam anche ricacciando indietro i propri demoni è un’impresa che, per una volta, non va sminuita. Nonostante il ranking suggerisse il contrario, Alexander Zverev partiva sfavorito contro Carlos Alcaraz e alla fine, contro le paure, contro le rughe che game dopo game gli si aggrottavano sul volto, contro la prima di servizio che è sparita sul 5-4 nel quarto set, contro un tiebreak da batticuore, il tedesco ha almeno confermato la semifinale al Roland Garros raggiunta dodici mesi prima. Carlos e Sascha, Sascha e Carlos: due facce di una stessa medaglia. Il prodigio e l’ex prodigio che, come ha ricordato Mardy Fish su Twitter a fine partita, alla fine ha “soltanto” 25 anni, un’età per la quale nella vita è troppo presto, ma nella carriera di uno sportivo forse inizia a essere troppo tardi. Avvantaggiato dai riflettori spentisi su di lui, Zverev per due set ha giocato con il braccio sciolto, come un cyborg da fondocampo in grado di passare dalla difesa all’attacco in un battito di ciglia. D’altronde, avrà pensato Sascha, se la combinazione servizio e rovescio funziona, non mi serve neanche forzare il dritto o avventurarmi a rete. A completare il quadro favorevole al tedesco, un Alcaraz stranamente diciottenne, contratto, un po’ agitato, quasi intimorito dal palcoscenico, come ci si aspetta da un teenager, ma non da lui, il futuro re incontrastato nel circuito ATP.
Forse, però, nel prevedere una partita dominata dallo spagnolo, si è persa la prospettiva e si è commesso lo stesso identico errore commesso con Zverev cinque anni fa: credere che, dopo un paio di Masters 1000 vinti, la strada verso il primo Slam sia un percorso naturale e non un cammino a volte lungo, accidentato e ricco di problemi e ripensamenti, per chi ha la testa sulle spalle e sogni che non gli sembrano spaventosi. Avere paura di un sogno, al contrario, ha rischiato di essere la solita spada di Damocle sulla testa di Sascha, man mano che il tedesco accumulava due set di vantaggio e iniziava a pensare che forse potesse essere la volta buona per ottenere la famigerata vittoria su un top ten in un Major che non era mai arrivata nelle precedenti undici occasioni. Sprecata una palla break che gli avrebbe permesso di servire per il match già nel terzo set, il cervello di Zverev ha iniziato ad annebbiarsi mentre Alcaraz, da veterano, ha sentito l’odore del sangue.
Il quarto parziale si è giocato a un livello incredibile: clinico Carlos con le smorzate, marchio di fabbrica che non si insegna, ma è innato; straripante Sascha con il rovescio tirato da ogni zona di campo, sia in lungolinea che in cross. Il doppio fallo commesso dallo spagnolo sulla palla break nel 4-4 ha ricordato al mondo intero quanto sia ancora meravigliosamente diciottenne Alcaraz, ma il volto teso e incredulo di Zverev era presagio di una partita tutt’altro che ai titoli di coda. Nel game con il quale avrebbe potuto chiudere il match un quarto d’ora prima, il tedesco praticamente ha perso la mobilità. Fermo, piantato, paralizzato, spaventato, Sascha è rimasto ad aspettare gli errori altrui e, inevitabilmente, si è messo nei guai. Imparando dal trauma che si porta dietro dagli US Open 2020, però, Zverev si è rifugiato nel tiebreak, sapendo di dover ritrovare se stesso prima di ritrovare il proprio tennis, per dimostrare che cinque anni di esperienza in più negli Slam valgono. La partita si è decisa su due punti: il rovescio che il tedesco ha scagliato aggrovigliato su se stesso, come un coniglio che tira un tracciante da biliardo, a recuperare il mini-break sul 4-4 e la risposta in lungolinea, sempre di rovescio, suo simbolo tecnico-tattico, con cui ha sfruttato il secondo match point. Due punti con i quali Zverev ha detto a se stesso prima che ad Alcaraz che non avrebbe perso un altro match strappacuore in uno Slam da due set di vantaggio e da 2-0 in un tiebreak.
Zverev: “Sono contento di averlo battuto prima che ci sconfigga tutti”
L’impressione, comunque, è che il tedesco dovrà ricorrere a tutto il proprio cuore e a tutto il proprio talento per arrivare in finale in una porzione di tabellone che sembrava proibitiva e che adesso è giusto un filo più aperta, ma non troppo. Quanto a Carlos, l’omaggio più sincero gli è arrivato proprio da Zverev: «Sono contento di aver vinto prima che lui inizi a sconfiggerci tutti». Ad Alcaraz non manca nulla: testa, talento, dritto come la dinamite, un servizio sempre più esplosivo, un lungolinea di rovescio coraggioso, la sensibilità con la smorzata, il serve and volley delicato e anche tanto fairplay. Ma, soprattutto, da oggi sappiamo che ad Alcaraz non manca neanche un rivale che possa spingerlo a migliorarsi oltre i propri limiti: si chiama proprio Sascha Zverev.