Che il ranking ATP abbia maglie strettissime, si intuisce dal fatto che in una normale giornata di Roland Garros sorprende di più vedere il numero 2 al mondo, Daniil Medvedev lasciare soltanto sei game a Facundo Bagnis che non assistere alla disfatta di Denis Shapovalov contro il classe 2003 Holger Rune. Il motivo è semplice: in un sistema iper-competitivo come il circuito maschile, i dettagli definiscono il confine tra una vittoria e una sconfitta.
Medvedev al 2° turno
Per quanto Medvedev sia tra i pochi in attività ad aver vinto uno Slam, prima di oggi il russo aveva superato il primo turno a Parigi soltanto una volta in carriera, ossia un anno fa. Nel 2021, l’attuale numero 2 al mondo si fermò ai quarti di finale, sconfitto nettamente dal futuro finalista Stefanos Tsitsipas, in una partita che verrà ricordata soltanto per lo scellerato servizio da sotto sul match point con il quale Daniil ha regalato la semifinale al greco. Per capire ancora di più quanto Medvedev sia ancora un pesce fuor d’acqua sulla terra rossa, basta aggiungere che i confronti diretti tra lui e Tsitsipas lo vedono condurre per 7-2, ma sul mattone tritato il bilancio è 1-1. Il Roland Garros di Daniil non partiva sotto i migliori auspici: il russo arrivava a Parigi dopo la sconfitta contro Richard Gasquet a Ginevra in una partita che aveva segnato il ritorno in campo per la prima volta dopo aver perso contro Hubert Hurkacz nel Masters 1000 di Miami. Buon per Medvedev aver risparmiato energie, riuscendo a mettere nelle gambe un po’ di ritmo partita in più. L’allarme già sta suonando per chi coltiva sogni di gloria in quella porzione di tabellone, da Sinner a Rublev, passando per le potenziali sorprese Cilic e Kecmanovic. I fatalisti noteranno anche analogie numeriche tra la vittoria di Medvedev e il triplo 6-2 di ieri rifilato da Nadal a Thompson, ma questa è un’altra storia, soprattutto perché probabilmente il russo faticherà molto di più giovedì contro il serbo Laslo Djere.
Disfatta di Shapovalov contro Rune
Quanto a Shapovalov, il discorso è sempre lo stesso dal 2017. Nei giorni in cui il canadese ha il mirino che funziona, diventa pressoché imbattibile. Nei giorni in cui, invece, il classe 1999 di Tel Aviv si intestardisce in soluzioni da tutto o niente, potrebbe perdere con chiunque. E, anzi, venire dominato da Rune, che un mese fa ha riservato più o meno lo stesso trattamento tattico a Sascha Zverev a Monaco di Baviera, in termini di valori tecnici non è neanche così preoccupante. Quel che deve preoccupare, al contrario, è l’attitudine di Shapovalov negli Slam. Possibile che il canadese non sia riuscito a mettere in campo il peso di aver giocato quattordici Major in più rispetto al danese? Possibile che “Shapo” sia davvero convinto di poter vincere partite chiuse con un bilancio di 27 vincenti e 52 errori non forzati? Nel tennis i quattro anni di differenza che intercorrono tra Shapovalov e Rune in teoria sono un abisso, sempre che in un tale intervallo di tempo si riesca a trovare un equilibrio tra talento e rigore tattico. Dal momento che il canadese già sa di non poter difendere i 720 punti guadagnati a Wimbledon nel 2021, recuperare terreno al Roland Garros sarebbe stato fondamentale per non avvertire contraccolpi nel ranking.
A proposito di contraccolpi nel ranking, meglio che Ugo Humbert si prepari a difendere il titolo vinto ad Halle l’anno scorso con le unghie e con i denti. Il mancino di Metz, che dodici mesi fa sull’erba tedesca mandò fuori giri Zverev, Auger-Aliassime e Rublev con curve imprendibili al servizio e dritti uncinati, sulla terra rossa diventa improvvisamente impacciato. E così, contro Ruusuvuori, per lui è arrivata la sesta sconfitta al quinto set su sette match giocati alla distanza in carriera. Chi, al contrario, si diverte sempre a sporcarsi le scarpe a Parigi è Cristian Garin, il quale, dovesse andare avanti nel torneo, potrebbe diventare una mina vagante. L’immediata conseguenza sul tabellone è che Tommy Paul si aggiunge alle teste di serie uscite neanche poi così a sorpresa, insieme a Reilly Opelka e Jenson Brooksby. Guarda caso, tutti e tre statunitensi, a riprova di come la terra rossa non vada d’accordo con le stelle e le strisce, Korda permettendo. E tra i nomi da tenere d’occhio nella parte bassa, meglio non dimenticare David Goffin e Alexander Bublik, a patto, però, che il kazako abbia deciso di approcciare lo Slam parigino con lo spirito giusto.
L’addio al tennis di Tsonga
I titoli di coda sono ovviamente dedicati a Jo Wilfried Tsonga, 18 titoli ATP, una finale Slam, una finale alle ATP Finals, due Masters 1000 e un’altra carriera che sarebbe potuta essere molto, ma molto di più se soltanto gli anni Duemila non fossero stati dominati dal triumvirato Federer-Nadal-Djokovic. E se il destino è stato talmente crudele da costringere il transalpino a chiudere il cerchio da infortunato, ci ha pensato il pubblico sul Philippe Chatrier ad accompagnarlo verso il futuro intonando la Marsigliese. A Parigi, però, i tifosi di casa possono ancora sperare nella doppia “G”, Gasquet e Gaston, il veterano che ha strapazzato il sudafricano Lloyd Harris e il talento vintage che è uscito vincitore da una battaglia epica al supertiebreak contro la testa di serie numero 19, Alex De Minaur. Non tutto è perduto.