Le precedenti undici sfide tra Tsitsipas e Zverev, per un motivo o per un altro, erano sempre state controverse, tra ruggini in conferenza stampa, pause bagno titaniche, psicodrammi genitoriali e rapporti personali che non sembrano sempre essere stati idilliaci. Ora il greco è in finale e proverà a conquistare Roma contro Djokovic: oggi in diretta su Sky
INTERNAZIONALI ROMA: RISULTATI E HIGHLIGHTS
Uno spartito finalmente accordato, riempito da suoni sordi di dritti e rovesci che viaggiano a velocità supersonica: giunti all’atto terzo nel 2022 di questa affascinante rivalità, i “Saschanos”, crasi inventata sul web in ossequio agli anni in cui i Fedal riducevano al silenzio il pubblico come se si stesse presenziando a uno spettacolo teatrale, hanno finalmente regalato ai fortunati in tribuna sul Centrale di Roma una partita in linea con il loro talento e con il loro contrasto di stili e di personalità.
E con Alcaraz e Sinner che, per motivi squisitamente anagrafici, hanno un piede e mezzo nel presente, ma anche uno sguardo sul futuro, entrambi hanno dimostrato che sono ancora loro i volti di un tennis in bilico tra il triumvirato di Federer, Nadal e Djokovic e una nuova epoca post-moderna che chiede a gran voce di trovare il proprio fenomeno irripetibile da osannare e da scolpire nella pietra. Soprattutto nei tornei importanti sulla terra rossa, sembra che Tsitsipas e Zverev abbiano un appuntamento fisso: troviamoci in semifinale, poi si vedrà chi di noi è più forte. Al Roland Garros 2021, il segreto di Stefanos fu l’uso mortifero di un esasperato kick a uscire sul dritto di Sascha. Rebus che il tedesco non è riuscito a risolvere nonostante il ricorso alla propria generosa specialità di casa: la rimonta in svantaggio da due set a zero in semifinale di uno Slam, con tanto di 40-0 non sfruttato nel primo turno di servizio del greco a inizio del quinto parziale. A Montecarlo, nove mesi dopo, la partita è stata troppo brutta per essere vera: troppo stanco e acciaccato Zverev per poter anche soltanto chiudere con violenza uno smash, troppo baciato dal destino Tsitsipas, per il quale il Coutnry Club che affaccia sul mare di Roccabruna è un feudo dichiarato.
Il favore era stato restituito a Madrid tre settimane dopo, con il greco che aveva sofferto la velocità negli scambi propria ai campi in altura, anche e soprattutto in condizioni notturne, e il tedesco che, al contrario, non aveva ancora mai perso, in carriera sul Manolo Santana, il che sarebbe poi successo 24 ore dopo in finale contro Alcaraz. A Roma, archiviato il dejavù da “ancora tu, non dovevamo vederci più”, l’obiettivo per entrambi non era soltanto vincere, ma testare sul campo la propria preparazione psicofisica per il Roland Garros. La partita ha restituito a entrambi le risposte di cui avevano bisogno. Lo Zverev visto nel primo set si è avvicinato, forse per la prima volta in stagione, alla versione da luccichio agli occhi vista dalle Olimpiadi alle ATP Finals 2021: servizio sempre nel posto giusto, dritto non così ballerino e soprattutto quel meraviglioso rovescio lungolinea che, raggomitolato come un coniglietto, lui riesce sempre a tirare come fosse un colpo da biliardo. Venuta meno la resistenza fisica, però, Tsitsipas è uscito come una metà di luna rimasta in ombra per brillare al momento opportuno. Mano fatata e smorzata di rovescio per chiamare avanti Sascha e mandarlo sempre più in affanno: così Stefanos ha ribaltato una partita che forse in fondo non aveva mai dato l’impressione di poter perdere, ma che non era neanche così scontato che vincesse. Biondi, alti e allenati dal papà: le similitudini terminano qui. Tsitsipas, con gli occhi scuri, il sorriso sfavillante e i boccoli da Dio greco, si dice timido, ma in campo è spumeggiante. Estro, fantasia, spirito di iniziativa e aura da gladiatore che, partita dopo partita, hanno conquistato il Foro Italico, sempre più avvolto nella bandiera greca.
Zverev, occhi chiari, lineamenti teutonici, atteggiamento chi non deve chiedere mai, in realtà è il più introverso, il più emotivo, ma anche il più resiliente, tatticamente attaccato quasi a ogni partita e generoso a sgobbare in difesa metro dopo metro, nella speranza – che è un po’ una lucida follia – che prima o poi la difesa diventi il miglior attacco. D’altronde, non sarà un caso se il tedesco ha vinto il titolo più importante in carriera, la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo 2020, rimontando da un disperato svantaggio di 1-6, 2-3 e break a sfavore contro il numero 1 al mondo Novak Djokovic. Le precedenti undici sfide tra Tsitsipas e Zverev, per un motivo o per un altro erano sempre state controverse, tra ruggini in conferenza stampa, pause bagno titaniche, psicodrammi genitoriali e rapporti personali che non sembrano sempre essere stati idilliaci. D’altronde, però, non sarebbe giusto chiedere a Sascha e Stefanos di capirsi, loro che sono pianeti così paralleli da aver dimenticato gli anni in cui, come ha raccontato lo stesso Tsitsipas durante la Laver Cup 2019, andavano insieme a giocare l’Orange Bowl cantando “Dj Got us falling in love” durante il viaggio in macchina.
Oggi, per la prima volta, più che i “Next Gen” un po’ viziati e iper-competitivi che tanto ci hanno portato a rimpiangere la signorilità reciproca tra Roger e Rafa, si sono visti due uomini che hanno provato a vincere e a perdere a modo loro, ma senza andare oltre un limite con il quale negli anni hanno sempre scherzato, ballando su un filo delicato e sottilissimo. Dopo due mesi in cui i sorteggi si sono divertiti a negargli una sfida per una coppa, al Roland Garros 2022 Sascha e Stefanos saranno rispettivamente teste di serie numero 3 e 4, quindi potranno incontrarsi soltanto in finale. L’impressione è che la Tour Eiffel li stia aspettando con ansia al traguardo.