Pessimisti cosmici e maligni erano scettici. Ma sono stati finalmente smentiti. Perché la gigafactory di Stellantis in Italia – precisamente nello stabilimento di Termoli – si farà. Si conclude così una “telenovela” che era passata dagli annunci trionfalistici dello scorso anno, quando all’EV Day del luglio scorso, veniva dato già tutto per fatto, al “de profundis” intonato dopo le dichiarazioni di Carlos Tavares – CEO Stellantis – che due settimane fa aveva invece gettato una secchiata di acqua gelida sottolineando come la trattativa fosse ancora in corso. Fino poi alla… tumulazione definitiva della costruzione della prima fabbrica di batterie italiana, quando qualche giorno fa era arrivata la notizia della restituzione anticipata da parte del gruppo italofrancese del prestito di 6,5 miliardi con garanzia Sace (che, tra le sue clausole, imponeva il mantenimento dei livelli occupazionali nel Paese) che tanto aveva (inutilmente) fatto discutere i soliti benpensanti.
Una gigafactory per produttività e lavoro
Invece, la terra si può rimettere al proprio posto e dare fiato alle trombe. Carlos Tavares e il Governo italiano hanno raggiunto un’intesa. E chissà che proprio il prestito restituito prima del tempo non abbia giocato un ruolo importante. L’accordo, nel dettaglio, prevede un investimento di due miliardi e mezzo di euro da parte di Stellantis, somma che fa parte della pianificazione più ampia del gruppo ripetutamente confermata di 30 miliardi entro il 2025. Lo Stato, da parte sua, parteciperà con 370 milioni. Ed è una notizia non buona ma buonissima, da tutti i punti di vista. Intanto, perché garantirà nei prossimi anni un buon livello di produttività, fondamentale per rispondere al crescente fabbisogno di batterie per il settore automotive. Poi perché una fabbrica significa lavoro e non licenziamenti. Quindi la gigafactory molisana sarà centrale anche per mantenere il livello occupazionale di Stellantis in Italia. Livello sul quale ancora in molti nutrono profonde perplessità, soprattutto dopo le dichiarazioni del solito Tavares che nella stessa intervista in cui aveva comunicato, l’allora mancata definizione dell’intesa con il Governo italiano per Termoli, si era permesso l’ardire di sottolineare come “i costi della produzione in Italia” siano i più alti che il Gruppo deve sostenere nel mondo, a cominciare da quelli per l’energia. E provi qualcuno ad alzare la mano per smentire la veridicità di quelle parole. Sarà mica un caso che sul nostro territorio non compaia un costruttore straniero, oltre quello nazionale, trasformato dai tempi di FCA sempre più in Gruppo mondiale. Le aziende non sono mica onlus, vanno dove pagano bene e infatti l’Europa è disseminata di fabbriche tra Spagna, Francia e Europa dell’Est. Non certo sulla nostra amata penisola.
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120 GWh di capacità con vista sul 2030
Quindi, ben venga la gigafactory italiana che sarà il quinto impianto del Gruppo per la produzione di accumulatori, aggiungendosi ai due previsti in Nord America, oltre a quelli europei a Douvrin in Francia e Kaiserslautern in Germania. Tutto in funzione di arrivare a garantire che i veicoli elettrificati possano rappresentare oltre il 70% delle vendite in Europa e più del 40% di quelle negli Stati Uniti, entro il 2030. Un’operazione che dovrebbe restituire tranquillità almeno a questo impianto produttivo di Termoli, uno dei tre del Gruppo, insieme con Pratola Serra (Avellino) e la VM di Cento che cercano un’identità e un’obiettivo produttivo che ne sottolinei l’importanza. A Termoli oggi lavorano 2.400 addetti con una produzione media pari a 360mila motori all’anno. E come confermato da Tavares in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore l’estate scorsa, la gigafactory molisana dovrebbe seguire almeno in parte l’esempio di Acc – Automotive Cells Company – joint venture realizzata con Total e poi allargata a Mercedes-Benz. L’alleanza industriale avrà una capacità pianificata globale di almeno 120 GWh entro il 2030, come comunicato da Stellantis.
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Insomma, dopo le voci pessimistiche, portiamo a casa con soddisfazione un progetto di queste dimensioni che regala un po’ di serenità a chi le macchine le costruisce ogni giorno. E senza rischierebbe di perdere tutto, con le conseguenze che si possono immaginare. Soprattutto se riportate su scala nazionale.