PADOVA – Un lungo applauso ha salutato “Paso” nella sua Kioene Arena. Si è svolto questo pomeriggio il funerale di Michele Pasinato, ex giocatore di Padova e della Nazionale Italiana, nonché allenatore del settore giovanile bianconero. E’ difficile descrivere a parole la grande emozione che in ogni istante ha coinvolto i tanti presenti: famigliari, ex compagni della Nazionale giunti da tutta Italia, colleghi, amici e autorità tra cui l’assessore allo sport del Comune di Padova Diego Bonavina, il presidente di Lega Pallavolo Massimo Righi, il vice presidente Fipav Adriano Bilato e i presidenti dei comitati Fipav del Veneto e di Padova. Tante persone si sono strette attorno alla moglie Silvia e ai figli Edoardo e Giorgio, compresi gli altri allenatori bianconeri e quei giovani ragazzi che erano da lui allenati e che hanno avuto la fortuna di poter imparare molto dal “Paso”.
Insieme a loro anche Julio Velasco e i ragazzi della Generazione di Fenomeni e altri campioni della pallavolo italiana.
A celebrare la funzione c’era don Gianluca della parrocchia di Voltabarozzo, don Celestino, don Piero e don Luca Gottardo, ex giocatore della serie A1 bianconera. In questo pomeriggio la Kioene Arena ha tributato il suo ringraziamento a una persona che ha lasciato un segno indelebile, non solo come atleta e tecnico, ma soprattutto come uomo. Il rito funebre è stato trasmesso in diretta televisiva e streaming grazie a Tv7 Triveneta, dando così la possibilità a chiunque di poter essere vicino col cuore alla famiglia di Pasinato, anche se fisicamente impossibilitato ad essere presente.
Michele Pasinato sarà sepolto nel cimitero vecchio di Voltabarozzo.
Fin qui la cronaca, che però poco può far trapelare del reale sentimento che tutta la Pallavolo Padova sta provando in questi giorni.
La lettera della Pallavolo Padova
Ecco cos’era e cosa sarà Michele Pasinato per tutti noi.
Ora, se un alieno giungesse su questo mondo e mi dicesse “descrivimi il pianeta terra”, sarebbe difficile farlo in poche parole. Probabilmente, dopo averci pensato un po’ e dopo avergli spiegato cosa esse siano, direi che questo mondo è un campo di cicale. Immagina una sera d’estate, di quelle che tolgono il respiro. Un terreno buio e un suono costante: “cri, cri, cri, cri, cri”. Un canto perpetuo, una gara a chi sbatte le ali più forte degli altri. A tutti noi è capitato di sentirlo e a tutti noi è capitato di fare un rumore forte, improvviso. Così forte da interrompere, anche se per pochi secondi, quell’infinita litania a cui le nostre orecchie ormai si erano abituate. E allora cala il silenzio.
Come adesso.
Lo senti?
È un silenzio assordante, caro Paso.
Attorno a te le cicale si sono fermate. È vero, fra poco torneremo a muovere i nostri arti, a scavalcare la tristezza cercando di ritrovare il sorriso parlando con un amico, abbracciando le persone che amiamo o, più semplicemente, accendendo la radio affinché il frastuono del quotidiano possa aiutarci a superare questi minuti di raccoglimento.
Adesso, però, siamo stati qui ad ascoltare questa profonda assenza di note. E non è un caso.
Perché probabilmente, anzi, sicuramente, una cosa la hai insegnata a tutti noi: che per lasciare il segno non servono tante parole, non serve chiedere ad un regista d’essere per forza illuminati da un occhio di bue per divenire protagonisti del palco della vita.
Servono le azioni.
Tu, caro Paso, di azioni ne hai fatte davvero tante. A partire dal campo. Non quello coperto d’erba, ma quello accarezzato da un taraflex. Oltre 7 mila azioni vincenti. Quelle che ti pongono sul podio dei punti realizzati.
Quelle giovani cicale che oggi sono state qui, a partecipare al nostro silenzio, le tue azioni di gioco non le hanno viste. Le hanno solo percepite. Forse solo adesso esse si rendono conto di cosa tu sia stato per questo sport. Una disciplina, quella a cui hai dedicato la tua esistenza, che da sempre ama crogiolarsi nel motto “la pallavolo è differente”.
Ebbene no. Non siamo diversi dal resto del mondo. Perché ora anche noi siamo muti, impotenti.
Tolti i panni dell’atleta, avresti potuto godere di ciò che avevi raggiunto. Ma non l’hai fatto. Ti sei rimesso in gioco, nella vita di tutti i giorni, dimostrandoci che non serve necessariamente l’Inno di Mameli per affrontare nuove sfide. Forse meno clamorose, ma altrettanto stimolanti.
Ancora una volta ci hai dimostrato che si può vincere senza osannarsi, perché non è quello che conta.
Quindi, all’alieno che nella fantasia mi chiede cosa sia il pianeta terra, voglio dire con orgoglio che questo mondo è sì pieno di cicale, ma ancora cosciente di comprendere che può essere zittito dalla testimonianza di un uomo che ha saputo incantarci con l’esempio.
Ciao Paso.