TRENTO – Due prime volte nel giro di tre giorni. Niente male per uno che è nel mondo del volley da 37 anni. Bruno Da Re è diventato prima presidente di una società, Trentino Volley, e nel giro di poco più di 72 ore ha messo anche in bacheca il suo primo trofeo da presidente. “Nella mia carriera ho fatto tanti piani, immaginato tante cose – racconta –. Quella di poter ricoprire il ruolo di presidente, mai”.
Una nuova avventura di cui uno dei mostri sacri del nostro volley racconta retroscena, sviluppi e possibilità, con lo sguardo al futuro e un occhio al passato.
IL CAMBIO DI RUOLO – “Per il momento c’è “solo” un impegno in più di carattere professionale e umano, anche perché continuerò a fare il direttore generale e sportivo. Soprattutto sono le responsabilità che diventano tutte a mio carico: è un orizzonte inedito per me, la prima volta in 37 anni nella quale non ho una figura cui riferirmi più in alto. Adesso tutto è in capo a me, ma la mia volontà è di condividere con tutto il cda scelte e decisioni: sette persone con cui un percorso va costruito in armonia perché il volley a Trento lo porteranno avanti loro. Quello che è cambiato non è tanto il presidente, ma la filosofia di gestione”.
PRESIDENTE PER QUANTO? – “Mi sono preso un impegno coi soci investitori di Trentino Volley che si sono fatti carico delle quote di Mosna: durante questo anno e la prossima stagione incrementeremo il nostro organigramma in ufficio, abbiamo bisogno di più figure professionalizzate, e troveremo un presidente che si affezioni a questo mondo. Non c’è ancora un nome, un volto, ma faremo il primo cda la prossima settimana e inizieremo subito a lavorarci. Di certo non farò il presidente per sempre”.
SUPERCOPPA A SORPRESA – “Onestamente non mi aspettavo né di diventare presidente, né di vincere la Supercoppa dopo tre giorni. Resta una coppa di inizio stagione con tutti gli interrogativi del caso, l’ha descritta bene Lorenzetti, ma ci dà ancora più la convinzione di aver lavorate bene in estate, nonostante i tanti cambiamenti”.
TRENTO NUOVA TREVISO? – “Negli ultimi anni di Sisley non avevamo il budget dei primi anni Novanta, non eravamo più davanti alle altre grandi società. Anche allora ho raccolto una enorme soddisfazione rivoluzionando la squadra coi “nostri” italiani: Tencati, Cisolla, Vermiglio, Fei. Non so se sia possibile fare un paragone tra quella squadra e la Trento di oggi: è presto. Il gruppo però qui in riva all’Adige è buono, con un bel feeling tra giovani e meno giovani, un modulo inedito in cui sono convinto che la suddivisione dei compiti ci aiuterà assieme ai giocatori che finora hanno avuto meno spazio: penso soprattutto a Pinali che sarà fondamentale nel corso della stagione”.
MOSNA PUNTO DI RIFERIMENTO – “Mosna è sempre stato un faro, ci ha illuminato la strada. Sapeva e conosceva, c’era una condivisione di pensieri e di idee, un uomo unico nel panorama del volley nostrano, ci mancherà”.
BILANCI COMPLESSI – “Oggi è più difficile far quadrare i conti rispetto all’epoca d’oro degli anni Novanta. A Treviso il budget più alto era 11 miliardi e ci facevi quello che volevi, c’era anche minor attenzione alle voci di spesa, sembrava non ci fosse un domani. Oggi i problemi ci sono e si sta molto più attenti a spese e investimenti”.
VOLLEY SPORT DI NICCHIA: CHE PROSPETTIVE? “La dimensione attuale della pallavolo è fedele a ciò che vediamo tutti i giorni sui campi, ma credo crescerà. Tutto quello che stanno facendo Mosna, Righi e nel complesso il cda di Lega nei confronti di questi nuovi investitori e advisor televisivi frutterà nel lungo periodo. Togliamoci però dalla testa che la pallavolo possa diventare popolare come il calcio, anche se è molto praticata. Ecco, il livello del pallone no, ma ci sono aspetti da migliorare ancora, e parecchio. Quali? La penetrazione su vari mercati, tanto per cominciare, compresi quelli commerciali: gli investitori non mancano, magari sono più territoriali e non nazionali o internazionali, ma il prodotto pallavolo alla gente piace, si porta dietro serietà e un agonismo sano. Poi il volley deve diventare più globale, avere più appeal in più nazioni, in Francia, in Spagna, in Inghilterra, in Germania, nei luoghi dove c’è il vero potere economico. È lì che deve attecchire, la Cev e la Fivb si dovrebbero spendere lì. Infine le nostre stagioni di club durano troppo poco, le Nazionali l’hanno sempre fatta da padrone quando dovrebbe essere il contrario e negli sport di massa è il contrario. Guardate quanto tempo si sono presi gli Europei o la VNL. Spero che il campionato italiano avrà maggiore credito, la tv farà il suo, e che le cose possano cambiare nel medio periodo”.
GIOVANI, CONVIENE? “Devo essere sincero? Da un punto di vista economico no, non conviene assolutamente. Trento negli ultimi anni spende 300mila euro a stagione per il suo settore giovanile, ma ci sono stati anni in cui se ne spendevano molti di più. Capita di fare una plusvalenza su una cessione, del cartellino di Giannelli ad esempio, ma nella maggior parte dei casi i prestiti valgono poche migliaia di euro. C’è però una grande convenienza territoriale e un orgoglio societario, vedere in campo ragazzi che vengono dal tuo settore giovanile è qualcosa che riempie il cuore e i palazzetti: Lanza, Giannelli, Cavuto, Michieletto. Ci sono cicli e annate, ma è anche vero che per far crescere il movimento definitivamente quello sui giovani dovrebbe essere un investimento che fanno tutti”.
RIMPIANTI NELLA CARRIERA? “Rimpianti no. Qualcosa che è andato storto sì. Non nei risultati, perché ho vinto e perso ed è inutile recriminare o gonfiarsi il petto per quello. Quello che mi imputo è di non essere riuscito, in tanti anni, a cambiare davvero questo movimento: mi sarebbe piaciuto aver influito di più, aver risolto qualche problema atavico. Forse ho sbagliato un po’ i tempi in quest’ottica: ho frequentato Cev e Fivb quando ero molto, troppo impegnato con la Sisley e troppo giovane. Forse adesso, con un’età diversa, potrei fare meglio nella politica internazionale del volley, con più razionalità ed esperienza”.
TREVISO, MODENA, TRENTO – “Sono state esperienze grandissime, tutte e tre. Treviso è finita malissimo, è vero, ma la Sisley è mia, ho portato io la squadra ai Benetton da Vittorio Veneto dove avevamo conquistato la serie A. Fu un tentativo coraggioso, ma i Benetton ci presero. Certo, non mi aspettavo finisse così male, con un divorzio brusco e inatteso, ma sono stati 23 anni fenomenali. Le altre due esperienze sono state bellissime: più focosa quella di Modena, vissuta con enorme passione, quella di Trento più razionale”.