Resilienza. Il dizionario la definisce come “la capacità di un individuo di affrontare e superare eventi traumatici o periodi di difficoltà”. Questa parola esprime esattamente la forza di Diego Schwartzman, arrivato a fine 2020 tra i migliori 8 al mondo (e qualificato alle Finals di Londra) dopo un percorso che definire ad ostacoli è riduttivo. Un fisico minuto (è il più basso tra i top 100, ed uno dei più piccoli ad esser arrivato così in alto in epoca moderna), una famiglia che l’ha sempre sostenuto ma che dovuto fronteggiare un collasso finanziario proprio mentre lui si affacciava faticosamente al tennis Pro. Rinunce, scelte difficili, sofferenza vera, ma alla fine la sua grande determinazione è stata premiata, regalandogli la possibilità di far fruttare il suo talento.
In una lunga intervista concessa al magazine britannico Tennishead, Diego ripercorre alcune delle tappe importanti del suo viaggio, partendo addirittura dagli antenati, i suoi nonni, che per primi conobbero e superarono gli orrori del nazismo. Una storia che merita di esser raccontata proprio oggi, 27 gennaio, nel “Giorno della Memoria”.
“Ho radici ebree – racconta Diego – il bisnonno dalla parte di mia madre, che viveva in Polonia, fu caricato su un treno diretto verso un campo di concentramento durante l’Olocausto. Il destino ha voluto che il perno che collegava due vagoni del treno in qualche modo si ruppe, così che una parte del comvoglio continuò la sua corsa e l’altra rimase indietro. Ciò ha permesso a tutte le persone intrappolate all’interno, compreso il mio bisnonno, di scappare e salvarsi la vita. Fortunatamente ce la fece senza essere scoperto. Il solo pensiero di quest’episodio fa capire come le vite possono cambiare in un batter d’occhio”.
“Il mio bisnonno ha portato la sua famiglia via nave in Argentina. Quando sono arrivati, parlavano yiddish e non spagnolo, n0n è stato facile. La famiglia di mio padre era russa, anche loro andarono in Argentina via mare. Non è stato facile per tutti cambiare completamente la loro vita dopo la guerra, ma lo hanno fatto. La mia famiglia aveva un business avviato nel settore dei gioielli, ma quando l’Argentina andò in bancarotta la crisi finanziaria travolse il nostro lavoro. Ci siamo ritrovati soli, io, i miei due fratelli maggiori, mia sorella maggiore e i miei genitori cercando in qualche modo di guadagnarci da vivere, anzi cercando di sopravvivere. Non avevamo soldi, era davvero difficile a giocare a tennis, non potevamo davvero permettercelo. Ma ho giocato più che potevo con enormi sacrifici. A un certo punto vendevamo persino braccialetti di gomma che erano rimasti dall’attività della mia famiglia. Abbiamo fatto tutto il possibile per ottenere i soldi per pagare i viaggi ai tornei e le spese. Guardando indietro, era una situazione davvero difficile. Ma all’epoca l’ho affrontata con lo spirito giusto, pensavo in grande, era un sacrificio necessario, a tratti persino divertente. Ho aiutato mia madre a vendere i braccialetti e così hanno fatto alcuni degli altri giocatori che erano con me. Tra una partita e l’altra andavamo tutti in giro con una borsa di braccialetti per vedere chi poteva vendere di più e mia madre gli dava il 20% delle vendite”.
Una lotta imporsi nel mondo del tennis Pro con queste difficoltà. Infatti la crescita di Schwartzman è stata lenta, con un lungo percorso in patria. Diego ha giocato tornei in Argentina per la maggior parte della sua attività junior. Ha preso parte solo ad un evento del Grande Slam junior, perdendo al primo turno delle qualificazioni agli US Open, e non è mai stato un junior di successo. Dei primi 96 tornei che ha giocato da senior, 91 sono stati in Sud America, la maggior parte dei quali in Argentina. Gli altri cinque furono durante un breve viaggio in Europa, quando aveva 19 anni. “Venendo dal Sud America, ogni singolo passo che devi fare nel tennis è davvero costoso”, afferma Schwartzman. “Non è facile per le famiglie latino americane quando i figli cercano di intraprendere la strada del tennis Pro. A quel tempo sono stato fortunato perché avevamo molti tornei in Argentina e Sud America, a differenza di oggi. Avevamo forse 20 Futures all’anno in Argentina e alcuni Challenger tra Argentina e altri paesi limitrofi”.
Nelle prime esperienze di viaggio, Schwartzman era con sua madre. “Non c’era mai una TV, in quasi tutti i tornei a cui andavamo, eravamo costretti a condividere il letto. Questo è ciò che potevamo permetterci”.
Diego ha raccontato anche un piccolo aneddoto relativo a Maradona. “Conservo tutti i suoi messaggi, per me è stato una leggenda. Una volta mi disse una frase che fu per me di grande ispirazione. Avevo perso una partita contro Djokovic, giocando un buon tennis. Maradona mi fece i complimenti, consigliandomi di studiare i campioni ma stando attendo non imitare nessuno, perché un campione non lo puoi copiare, la copia sarà sempre peggiore dell’originale. Mi consigliava di osservare come hanno giocato contro di me, per capire i miei punti deboli, e allo stesso tempo capire la forza dell’avversario per poterlo affrontare al meglio al volta successiva”.
Marco Mazzoni