ROMA – Galeotto fu il campione. Ronaldinho continua a far parlare di sé e informare il mondo, chissà quanto volontariamente, di ciò che accade al penitenziario di Asuncion, capitale del Paraguay. Che in fondo deve essere uno scorno nello scorno per via dell’atteggiamento sostenuto che il calcio brasiliano ha sempre avuto nei confronti di quello paraguayano. Una volta Romario disse: “Giocherei a pallone anche su Marte, ma non in Paraguay”. Vai a sapere perché. Il processo di Ronaldinho è stato rimandato a causa dell’emergenza coronavirus, un avversario troppo ostico per liquidarlo con un “banale” dribbling dei suoi.
La notizia del rinvio di un processo, per quanto l’imputato possa sentirsi colpevole, non potrà mai essere piacevole per un detenuto: vuol dire che il suo fermo preventivo si allunga. Ronaldinho è recluso da un mese: è accusato, con suo fratello Roberto de Assis, di aver avviato un traffico di documenti falsi. A tutt’oggi, nessuno è ancora riuscito a capire come mai, per entrare in Paraguay, abbia dovuto far ricorso a un passaporto paraguayano fasullo e non quello legale, brasiliano, che fra l’altro gli era stato restituito regolarmente dopo il patteggiamento per i suoi reati finanziari. Ogni tanto gioca a calcio-volley o a calcio a cinque con i suoi compagni di sventura, fra cui alcuni politici accusati di corruzione. Ma anche poliziotti.
La variante, per ammazzare il tempo, c’è stata l’altro giorno: quando gli è stato concesso di parlare al telefono con Carles Puyol, suo ex capitano al Barcellona. Argomenti i più vari: “Come stai?”, “Tudo bem” e altre amenità del genere. Ronaldinho è stato anche informato di essere stato incluso nella formazione ideale di tutti i tempi del Gremio, in attacco accanto all’ex giallorosso Renato Portaluppi. Nella Liverpool brasiliana, Porto Alegre, città che ha la sua “Mersey”, è come Liverpool costruita su un fiume che diventa mare o viceversa, e che è calcisticamente scissa fra Gremio e Internacional, il Gremio rappresenta l’anima più popolare del tifo, contro un avversario più gettonato nei quartieri alti e dai brasiliani bianchi del “sul”.
Ospitandolo tra i grandi, il Gremio ha di fatto mostrato di aver dimenticato la provocazione di cui Ronaldinho si rese protagonista otto anni fa, quando di ritorno in Brasile dopo l’esperienza europea con Psg, Barcellona e Milan, se ne uscì con un paradossale “io tifo Flamengo”, quasi a voler scardinare le porte della sua casa d’origine per potersi permettere (cosa che non si negò) di diventare un idolo del carnevale. Intanto a Rio, nella villa di Barra da Tijuca, lo aspettando le sue due fidanzate. Magari non vuole uscire perché ha paura di tornare da loro…