Giacomo Tomasello, uno dei protagonisti delle storiche promozioni della Tonno Callipo racconta: “Le vittorie di quegli anni sono frutto di un gruppo solido e unito. Da allora siamo come fratelli e ci sentiamo quasi tutti i giorni”
Catanese, classe 1976, centrale, semplicemente Giacomo Tomasello. È lui la prima vecchia gloria che abbiamo intervistato per intraprendere il nostro viaggio nei vent’anni di Serie A della Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia. Tomasello ha giocato in maglia giallorossa dal 2000 al 2004 ed è stato protagonista delle due storiche promozioni che portarono Vibo in A2 (nel 2001) e in A1 (nel 2004). Ha conquistato la massima serie anche con Corigliano e Latina. All’attivo ha due successi in Coppa Italia A2, uno arrivato proprio quando indossava la maglia numero 9 della Callipo. È un profondo conoscitore del volley nazionale e ha militato nelle fila di diverse squadre. Oggi allena la Jolly Cinquefrondi e fino al 2019 è stato vice della nazionale maschile B.
Nonostante il passare degli anni non ha mai dimenticato il periodo della sua permanenza a Vibo in cui una forte Tonno Callipo raggiunse prestigiosi traguardi culminati con la massima serie nel 2004. Attraverso le parole di Tomasello abbiamo ripercorso alcune tappe fondamentali di quell’epoca.
Giacomo, il tuo nome è rimasto nella memoria dei tifosi giallorossi per il muro contro Taviano, che valse il punto finale per la prima promozione storica in A2 della Tonno Callipo. Anche nel 2004 nella gara contro Bolzano ti sei ripetuto mettendo a terra l’ultima palla che valse la promozione in A1. Che ricordo hai di quei momenti?
«Sicuramente un bellissimo ricordo. Ho ben in mente entrambi gli episodi. Nella prima promozione siamo andati a giocare a Taviano, campo molto caldo. Ricordo che c’erano davvero tante persone in un palazzetto piccolissimo. Fu una partita tiratissima: vincemmo 3-2 ottenendo il punto del 16-14 al tie-break. È stata una delle emozioni più belle che ho vissuto all’inizio della mia carriera. Eravamo molto carichi, andammo lì per batterci come dei guerrieri dopo un intero anno in cui avevamo lavorato duramente per raggiungere l’obiettivo e finalmente dopo aver messo a terra la palla dell’ultimo punto ci siamo commossi tutti. Negli spogliatoi abbiamo pianto, riso e scherzato. Che emozione! È passato molto tempo però sono dei momenti indelebili che restano impressi nella memoria. Tra l’altro il giorno della finale ci trovammo in una bolgia dove il tifo avversario era assordante perché, essendo l’impianto di Taviano molto piccolo e senza tanti posti a sedere, la società pugliese aveva riservato pochissimi biglietti per gli ospiti. In gara-2 a Vibo, poi, c’erano stati anche dei tafferugli. Ci sentivamo soli contro tutti. Alla fine la vittoria e la promozione furono una grande soddisfazione anche perché ottenuta fuori casa. Anche la promozione del 2004 è un’altra delle pagine più importanti della mia carriera pallavolistica: contro una squadra come Bolzano, ricca di molti campioni, eravamo sotto 2-0 in casa. Riuscimmo però a recuperare una partita fantastica vincendo 3-2. In quell’occasione fu molto bello festeggiare in casa la promozione. Fu un momento magico e unico: per la prima volta Vibo si affacciava al professionismo. Ricordo che la gente, alla fine, fece invasione di campo e fummo sommersi dai tifosi che gremivano il vecchio PalaPace. Anche chi non ha vissuto in prima persona può ben immaginare quanti festeggiamenti e che soddisfazione rappresentò quella promozione».
Sono passati ormai diversi anni da quando hai lasciato Vibo. C’è qualche compagno di squadra di quei tempi con cui sei rimasto in contatto ancora oggi? Ti faccio questa domanda perché solitamente a grandi vittorie si accompagna la nascita di grandi legami duraturi nel tempo.
«Mi sento con tutti ancora oggi. Per ottenere un risultato così importante alla base ci deve essere un gruppo solido e unito e, dopo aver condiviso una gioia così grande, un obiettivo comune per il quale abbiamo lavorato insieme facendo grandi sacrifici, è normale che i tuoi compagni di squadra diventino dei fratelli. Quell’ avventura ci ha legato tantissimo perché prima di essere una grande squadra in campo siamo stati un grande gruppo nella quotidianità. In particolare sento Fabio Spescha quasi tutti i giorni, lo stesso succede con Vito Iurlaro che è diventato allenatore come me. Anche con Michele De Giorgi, che ho avuto come tecnico a Corigliano Calabro, ho tuttora un buonissimo rapporto. La complicità con tutti loro non tramonterà mai e sono sicuro che anche loro pensano la stessa cosa».
Tomasello insieme allo schiacciatore Fabio Spescha nel 2002
Nel corso della tua carriera hai incontrato Vibo da avversario. In particolare nella stagione 2007-08 quando giocavi a Isernia e a Corigliano nel 2014-15. In quelle occasioni com’è stato giocare contro la Tonno Callipo?
«Da ex si tende sempre a fare bella figura però ho sempre tenuto un atteggiamento corretto, specie contro Vibo che mi è rimasta nel cuore. A Isernia ho incrociato la Callipo in semifinale di Coppa Italia. Fu un mix di emozioni tra l’altro davanti ad una tifoseria spettacolare che ancora mi segue da allenatore ricordandomi come uno degli artefici delle loro prime promozioni. Sono sempre stato tifoso della Callipo: tutto l’ambiente e l’intera società sono nel mio cuore ed a rafforzare questo legame c’è il fatto che mia moglie è originaria di Vibo e mia figlia è nata lì».
Hai seguito anche quest’ultima stagione? Cosa pensi dei problemi logistici che ha avuto la squadra? Magari ti senti di consigliare qualcosa per il futuro?
«Confido molto nel lavoro della grande famiglia della Tonno Callipo. Sono sicuro che nel suo organico ci sono professionisti capaci di gestire anche le situazioni più difficili come avveniva in passato. Ad aver penalizzato Vibo è stata sicuramente questa regola che stabilisce il limite minimo di spettatori senza tener conto il bacino di utenza della popolazione. Parliamo di una provincia piccola che non si può minimamente paragonare ai grandi centri del Nord. Sono sicuro che se Vibo avesse giocato più partite davanti al proprio pubblico avrebbe sicuramente ottenuto risultati migliori. La Callipo è sempre un punto di riferimento per le società calabresi e del Sud in generale. A differenza di altre realtà come Catania, Palermo e Reggio Calabria che hanno conosciuto palcoscenici importanti soltanto per brevi parentesi, la società del presidente Callipo è riuscita a rimanere, nel tempo e con continuità, ad alti livelli. Tutto nonostante le evidenti difficoltà presenti alle nostre latitudini come ad esempio quelle di carattere strutturale ed economiche».
Come hai ricordato è al presidente Callipo che si deve il merito di aver voluto questo progetto. Che rapporto avevi con lui che già vent’anni fa sognava di raggiungere la serie A?
«Ho sempre avuto un ottimo rapporto sia con la società che con lo staff dirigenziale. Per il presidente io sono sempre stato ‘Giacomino mio’, un modo affettuoso per riferirsi a me. Di lui ho bellissimi ricordi. Ho sempre ammirato la sua tenacia nel portare avanti la squadra come se fosse un figlio”.
Ricordi che rapporto aveva con la squadra? Era un presidente che vi seguiva da vicino?
«Lui è sempre stato parte integrante di questa bellissima squadra e in quegli anni per noi oltre che il presidente è stato anche un padre. All’epoca eravamo tutti giovanissimi e potevamo contare su di lui per ogni cosa. Accadeva che veniva a lodarci per le nostre vittorie ma si faceva sentire anche per i nostri demeriti quando perdevamo. Bisogna dire che in quegli anni spesso ricevevamo i suoi complimenti perché eravamo una delle squadre del Sud che vinceva di più. Ricordo, però, che dopo una brutta sconfitta per 3-1 contro Reggio Emilia, mentre eravamo in piena corsa per la promozione, insieme allo stipendio ci fece trovare una lettera in cui ci strigliò e ci fece capire che non avevamo fatto una bella figura nell’ultimo turno di campionato. L’ho sempre ammirato perché, nonostante i suoi innumerevoli impegni, non ci ha fatto mai mancare la sua presenza».
In chiusura, cosa auguri alla Tonno Callipo per il futuro?
«Di fare un grande campionato l’anno prossimo e di rafforzare la sua posizione di punto riferimento per il Sud, sia a livello di prima squadra che di settore giovanile. Auguro a tutti di continuare a fare un buon lavoro. Ovviamente un caro saluto va ai tifosi che restano una componente fondamentale di questa società. Loro hanno sempre fatto tantissimi sforzi per stare accanto a squadra e dirigenti anche nei momenti più bui come quest’anno a causa dello spostamento a Reggio Calabria per giocare le gare in casa. Sono convinto che una tifoseria come quella della Callipo sia difficile da trovare: a Vibo il sostegno è più caloroso oltreché corretto verso gli avversari. La loro passione nasce dal cuore e dal legame verso i colori giallorossi».
UFFICIO COMUNICAZIONE
Rosita Mercatante
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