MODENA – Per alcune è stata la temibile avversaria da provare ad arginare, per altre una compagna di squadra affidabile, quella alla quale dare la palla valida per il match-point. Oggi, dopo aver deciso, e non è stato semplice, di appendere le ginocchiere al chiodo, Carmen Turlea è Team Manager della Pomì Casalmaggiore e coach del benessere. Un’intervista sincera che ha voluto regalare a Volleyball.it
È stato difficile decidere di smettere di giocare? “Sì, assolutamente. Proprio per questo quella di smettere, è stata una decisione maturata in un lungo periodo di tempo. Dal momento in cui ho iniziato a prendere sul serio il pensiero di lasciare la pallavolo, fino a quando realmente l’ho fatto, ci sono voluti quasi quattro anni. Ogni inizio di stagione mi dicevo che quella sarebbe stata l’ultima. Ma per un motivo o per un altro sono sempre andata avanti. Finché non ho “incontrato” Casalmaggiore. Una società tra le prime in Italia, con una squadra vincente e obiettivi importanti allora mi sono detta: questo è l’anno giusto, quello che aspettavo. Era così che volevo finisse la mia carriera e così è stato”.
Turlea con le maglie di Bergamo, Piacenza e Casalmaggiore, tre tappe importanti del sua carriera
Come hai reagito alla proposta di Casalmaggiore come Team Manager? “Sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla proposta che mi fece Massimo (il presidente del club, Massimo Boselli Botturi, ndr). Coinvolgere un’ex giocatrice con esperienza, in un ruolo dirigenziale e in particolare in uno così importante nelle dinamiche interne della squadra, penso possa essere sicuramente un valore aggiunto a questo ruolo. Per questo ho accettato, prendendola un po’ come una nuova sfida, un’esperienza diversa nella pallavolo, ma questa volta fuori dal campo”.
Ti saresti mai aspettata una continuazione simile della tua carriera? Era nei tuoi obiettivi rimanere nella pallavolo? “Sinceramente io non ho mai pensato di rimanere nella pallavolo una volta appese le scarpe al chiodo. Desideravo cambiare proprio ambiente e fare una cosa completamente diversa. Poi mi sono resa conto che comunque sarebbe stato un peccato voltare pagina come se nulla fosse accaduto prima e, come nei libri, anche nella vita bisogna che ci sia una continuazione, un collegamento tra un capitolo e l’altro altrimenti non si capisce niente di quella storia. Allora ho rivisto un po’ le mie credenze e in questo mi è stato molto d’aiuto l’anno sabbatico che mi sono presa a fine carriera. Per tornare alla domanda, no, non mi sarei mai aspettata una continuazione simile e tanto meno era tra i miei obiettivi. Ma nella vita mai dire mai…”
Nella tua carriera hai vinto molto (secondo posto al Mondiale per Club con la Pomi, Scudetto e Coppa Italia con Piacenza, Coppa Cev con Busto, Scudetto con Bergamo…) Hai qualche rimpianto? “Sinceramente no. È stata una carriera lunga piena di momenti belli, indimenticabili, di sacrifici e periodi difficili. Ho gioito ma anche pianto tante volte ma non ho nessun rimpianto e questo fa sì che, ogni volta quando guardo indietro agli anni trascorsi nella pallavolo, lo faccio con serenità”.
“Le cose vanno sempre come devono andare. Quindi il percorso che ho fatto sicuramente è stato quello giusto per far sì che io sia la persona che sono”Carmen Turlea
C’è una partita che vorresti rigiocare a tutti i costi? “Nonostante non mi manchi particolarmente la pallavolo, rigiocare una partita, una di quelle che contano, sì, vorrei fosse possibile. Non ce n’è una in particolare, perché aldilà del vincere o perdere, vorrei riassaporare l’emozione di scendere in campo davanti a un palazzetto pieno, l’adrenalina che si prova nell’affrontare quel tipo di partite, rivivere quello stato d’animo che si ha quando sai che la palla decisiva verrà alzata a te, la grinta e l’urlo dopo aver fatto un punto e, non per ultimo, l’abbraccio con le compagne in mezzo al campo dopo un’azione lunga in cui tutte abbiamo dato tutto”.
Qualcosa che avresti voluto fare o vincere e non ci sei riuscita? “Avrei sicuramente voluto vincere di più, una Champions League per esempio, ma io ho un mio motto che dice: le cose vanno sempre come devono andare. Quindi il percorso che ho fatto sicuramente è stato quello giusto per far sì che io sia la persona che sono (nel bene e nel male)”.
Quanto pensi che sia importante lo sport come mezzo per poter provare ad abbattere la paura e il blocco creati da questa pandemia mondiale? “Lo sport generalmente è sempre stato uno strumento di unione e condivisione. Anche nei momenti difficili della storia, in tempo di guerra, le Olimpiadi, per esempio, ci sono sempre state ed il simbolo stesso di questa grande manifestazione voleva sottolineare lo spirito di fratellanza che doveva caratterizzarla e di cui, forse, in questo momento noi abbiamo più bisogno. Lo sport, come tutti gli altri aspetti della nostra vita, si dovrà adeguare a delle nuove regole che non so quanto possa permettergli di dare il suo contributo ed esprimere i suoi importanti valori”.
Non solo Team Manager ma anche coach del benessere. Ci racconti come hai intrapreso questa carriera e quali sono i tuoi obiettivi? “Quella del coach del benessere è un progetto che mi sta molto a cuore e che giorno dopo giorno sta prendendo sempre più forma. È nato tutto dal desiderio di mettere insieme la mia esperienza nello sport e gli studi di alimentazione energetica secondo la Medicina Tradizionale Cinese, intrapresi appena smesso di giocare, ed il lavoro in remoto che mi avrebbe dato la possibilità essere libera di viaggiare. Il mio obiettivo è quello di costruire “la routine di benessere della persona” attraverso lo sport, con gli esercizi personalizzati e consigli di alimentazione, modellati in base alle reali caratteristiche della persona. Questo perché, giorno dopo giorno, con un percorso naturale, si possa ritrovare la forma fisica ottimale, accrescere la vitalità, aumentare l’autostima e sentirsi complessivamente meglio con sé stessa”.