Il dott. Maurizio Mura sarà ancora a fianco di Agnelli Tipiesse per seguire la parte medica della squadra.
Un ruolo di primaria importanza visti i tempi, il dott. Mura si è prodigato in prima linea durante l’emergenza sanitaria che ha colpito Bergamo, seguendo direttamente i suoi pazienti con visite anche a domicilio, contraendo egli stesso il tanto temuto virus, da cui ne è uscito più forte di prima.
Maurizio Mura è con Olimpia dai tempi della serie B, dal 2013, è medico di famiglia dall’85, e ha uno studio dentistico a Bonate Sopra. E’ rimasto appassionato da questa realtà da quando ricevette la chiamata dell’allora dg Pesenti per venire a gestire la parte medica del team, da ex giocatore ha sempre seguito con passione tutti i campionati di Olimpia. Maurizio Mura ha infatti disputato molti campionati di serie nella bergamasca giocando nel ruolo di palleggiatore, la pallavolo ha sempre avuto un posto molto importante nella sua vita.
“Ho sempre giocato a pallavolo, da ragazzino, anche oggi, per trovarmi con gli amici, ma ho sempre giocato sin dagli anni 80 in campionati agonistici; avevamo anche fondato una società a Somma Lombardo, poi mi sono trasferito nella bergamasca. Ho anche giocato con il Presidente di Tipiesse Perego, nel Locate Ponte San Pietro in serie D, poi ho vinto il campionato CSI a Curno e in seguito sempre a Curno in prima divisione, fino ad oggi a Boccaleone in prima divisione”
Che ne pensa di questa nuova collaborazione con la società di Cisano?
Sono uno dei fautori della congiunzione, conoscendo Carlo Perego ero sicuro della sua passione verso questo sport e sapevo che la società di Cisano era una buona società gestita da persone serie. Da soli sarebbe stata dura difficile andare avanti, le spese sono tante, più forze si uniscono e meglio è anche in vista di una futura Superlega che è il sogno di tante persone, e mi dispiace che altre società non abbiano aderito.
C’è quindi stata anche un’unione dello staff medico che con il dott. Valsecchi ha acquisito una nuova forza, lui sarà responsabile dello staff medico, ed essendo ortopedico seguirà tutta la la parte legata ai piccoli traumi o infortuni veri e propri (sperando che non ce ne siano), io mi occuperò della parte “spicciola”, vale a dire il riferimento più prossimo a quello che è il medico di famiglia: i ragazzi sono lontani da casa e quindi non hanno un riferimento diretto al loro medico, quando possibile li seguirò anche in trasferta, ormai anche la mia famiglia si è appassionata quindi se posso vado volentieri, mi è capitato più volte in passato di intervenire nel pre-partita per risolvere qualche problema.
Come ha affrontato la sua esperienza con il Coronavirus?
Sono stati due mesi drammatici dopo la finale di Coppa Italia, anche se devo dire che per me è stato il periodo di più soddisfazione dal punto di vista professionale. I miei pazienti mi hanno riempito di orgoglio, perchè ho potuto vivere in modo forte e molto intenso quel senso di aiuto verso il prossimo che poi è lo scopo per cui ho cominciato la mia carriera di medico, ho fatto il medico per aiutare gli altri e nel momento di emergenza sanitaria mi sono sentito al massimo della mia professionalità.
Sul territorio sono riuscito a gestire la gran parte dei miei pazienti 24 ore su 24, non spegnendo mai il telefono e restando sempre disponibile per loro perchè l’emergenza richiedeva questo. Io come altri miei colleghi abbiamo effettuato questo tipo di servizio, andando anche a domicilio, avendo disponibilità come dentista dei presidi che in un certo momento erano venuti a mancare potevo permettermi di lavorare in modo protetto, sia in modo operativo che psicologico, gestendo anche la grande paura che si era venuta a creare per il coronavirus.
Che ne pensa dell’attuale situazione pandemica nella bergamasca e in generale in tutta Italia?
In questo momento la situazione nella bergamasca non mi preoccupa troppo, da un’analisi fatta la percentuale di persone che sono venute a contatto con il virus è abbastanza alta da pensare che difficilmente potrà ripetersi qui la situazione vista nei mesi scorsi. Il virus ha bisogno di persone che non sono venute a contatto con esso per riprodursi; partendo dal presupposto che questo virus assomiglia tantissimo agli altri coronavirus, come ad esempio è stato per la Sars, se uno è venuto a contatto con il covid pare al momento che abbia sviluppato una certa immunità cellulare oltre a quella degli anticorpi igG.
Senz’altro come si sta osservando in questo periodo vacanziero ci saranno dei focolai dove il virus non è ancora arrivato, nella bergamasca, bresciana e milanese non sarà più così, c’è anche un grande senso civico che si è sviluppato da noi, rispetto ad altre zone che non si rendono conto della gravità della situazione nell’osservanza delle misure protettive.
Lei si è ammalato durante la pandemia?
Sì ho preso il virus, anche se principalmente non avevo grossi sintomi, ho fatto il test sierologico ed è risultato positivo, con tampone negativo, non l’ho fatto in modo drammatico, ho avuto un malessere generalizzato per dodici giorni senza febbre, non l’ho nemmeno trasmesso in famiglia fortunatamente, sono dell’idea che non emettendo il virus con la tosse e le goccioline di saliva la contagiosità sia minore, ecco perchè la mascherina va portata assolutamente finchè il virus non sarà scomparso del tutto, soprattutto in luoghi chiusi e all’aperto dove c’è il rischio di incrociare la gente.
Che ne pensa dei protocolli sportivi sanitari previsti dai decreti?
I protocolli che sono previsti e che stanno attuando nel calcio ad esempio sono improponibili nel volley per quanto riguarda i costi, non sono applicabili nelle società sportive di volley, le società chiuderebbero: tamponi ogni 4 giorni ai giocatori e il sierologico ogni 15. Questo tipo di protocollo aveva senso qualche mese fa quando c’era l’emergenza molto alta, oggi si parla di focolai, quindi nel momento in cui si fa della prevenzione, controllo della sintomatologia e c’è la tracciabilità, si riesce ad isolare subito il problema: è assolutamente necessario fare il tampone non appena c’è il sintomo, per questo deve esserci il massimo senso di responsabilità degli atleti che devono avvisare immediatamente il medico alla prima avvisaglia di febbre o respiratoria.
In caso di atleta positivo come ci si dovrebbe comportare in un momento magari di pieno campionato?
Purtroppo quando c’è un atleta positivo andrebbe isolata l’intera squadra, dal punto di vista sanitario così come tutti i contatti diretti, quindi è chiaro che ci deve essere un grande senso di responsabilità da parte degli atleti ad evitare più possibile assembramenti nella vita quotidiana: occorre avere una certa accortezza per quanto riguarda i luoghi e persone che si frequentano ed indossare tutti i dispositivi di protezione. L’allerta per giocatori e staff deve essere sempre alta, perchè il campionato si bloccherebbe, gli atleti dovrebbero stare in quarantena, bisogna evitare in tutti i modi che giocatori o staff si infettino.
Per quanto riguarda la terapia, ci sono delle buone prospettive oggi?
La terapia oggi si conosce, in passato c’è stata emergenza per il ritardo degli interventi e lo stress del sistema sanitario, adesso si sa che al primo sintomo bisogna subito intervenire per bloccare la cascata infiammatoria, è quella che causa le complicazioni respiratorie. Oggi si sa cosa fare, grossa paura per l’esito finale o la letalità non c’è più perchè si sta intervenendo subito. Parlando di numeri su 1600 mutuati che seguo, circa 500 hanno contratto il virus, di cui 2 sono purtroppo deceduti, ma solo 7 ricoverati. Gli altri se la sono cavata con qualche giorno di febbre, ossigenoterapia a casa, però non drammatico per tanti. Certo i dati in Italia davano un grande senso di malessere generale.
Secondo lei i media hanno fatto un buon lavoro tenendo alta l’allerta?
In periodo di emergenza hanno fatto un buon lavoro, giusto tenere sempre alta la soglia di attenzione della gente, poi hanno un po’ trascinato, ma lo fanno secondo me per tenere attivo il senso civico, stiamo ripartendo con attenzione e bisogna assolutamente restare attenti finchè non ci sarà il vaccino, conviverci con consapevolezza. La paventata paura della seconda ondata è riconducibile al fatto che in autunno ci saranno senz’altro le varie influenze stagionali, che cominceranno a ripresentarsi, di buono c’è che ora la Regione Lombardia permette anche ai medici di base di prescrivere i tamponi in tempi celeri per cui si riesce ad avere il risultato entro un paio di giorni, fa pensare che la cosa potrà comunque essere contenuta.
Perchè il sistema sanitario è collassato secondo Lei?
Andava preventivata prima la cosa: io faccio sempre riferimenti ai sistemi militari, quando si faceva il servizio militare un tempo ogni mese veniva suonato un allarme e tutte le squadre si comportavano come da protocollo, vedendo di conseguenza tutte le eventualità e varianti possibili a seconda di ciò che sarebbe potuto succedere. Nel sistema sanitario questo non avviene mai, l’attacco virale doveva essere preventivato anche a livello nazionale, con forniture di mascherine adeguate, dispositivi, attivare protocolli di emergenza ben studiati e già consolidati. Si è dovuto mettere in atto misure straordinarie non collaudate, poi qui c’è stato il finimondo a causa dell’alto numero di contagiati, quindi abbiamo subìto la pressione della quantità. Tanti miei colleghi sono morti perchè non avevano i presidi. Andavano preventivate queste cose: mi immagino cosa potrebbe fare poniamo l’ipotesi più drammatica ma nemmeno così impensabile, un disastro nucleare. Se non c’è un allarme per il virus non c’è nemmeno per il disastro nuclerare: ad oggi non sapremmo cosa fare. Il ministro della sanità dovrebbe prevedere pandemie e disastri collaudando protocolli per queste eventualità. Oggi i protocolli per la pandemia in ATS sono abbastanza buoni, con questi sistemi di tracciabilità che stanno funzionando ora, si comincia a ragionare. Prima ad esempio si pensava che infermieri e medici una volta passata la febbre potessero tornare a lavorare, invece la contagiosità c’era ugualmente.
Le impressioni che ha avuto nei primi giorni di preparazione atletica dei ragazzi?
Ho visto un grande entusiasmo, che fa molto bene al movimento, sia da parte dei giocatori che arrivano da Olimpia che da quelli di Cisano e così per lo staff. Speriamo che questo entusiasmo si rifletta anche sul pubblico, che non si percepisca la perdita di identità di una delle due società di provenienza ma che si lavori insieme per creare qualcosa di nuovo e altrettanto grande. Lo stato di salute generale dei ragazzi è buono, ho effettuato i primi test sierologici e continuerò a tenere monitorata la situazione e questo presuppone da parte dei giocatori e staff la massima collaborazione.
Foto: Roberto Marini
Linda Stevanato- Ufficio stampa Agnelli Tipiesse