MODENA – Viaggio nella storia della pallavolo italiana e internazionale. Dallo Speciale Mondiali 1978, Cuba, un bronzo e tanti rimpianti di Jacopo Volpi
Il mio amico Filippo Grassia, sul numero di “Pallavolo” che precedeva i campionati mondiali, aveva scritto in fase di pronostico che probabilmente avrebbe vinto l’URSS, e che la sorpresa poteva solamente da Cuba. Cosi sembrava anche a noi dovesse essere, l’URSS sin dalie prime battute si era dimostrata di una monotonia (nel vincere, s’intende), impressionante, mentre i cubani stupivano tutti per la loro strapotenza tecnico-atletica. Nessuno pero aveva fatto i conti con gli azzurri che hanno mandato all’aria tutte le previsioni della vigilia.
Terzi a Montreal, i cubani si sono ripetuti a Roma portando a casa la medaglia di bronzo. Ma il simpatico Gilberto Herrera non voleva la medaglia di bronzo, bensì quella d’oro. Ce lo aveva dichiarato chiaro e tondo appena arrivato a Roma da Venezia, da dove aveva strapazzato malamente il Giappone che risulterà pero la maggiore delusione del torneo. Gli americani sono arrivati a Roma e sono divenuti subito amici del pubblico: il loro gioco ha divertito per la potenza e l’acrobaticità: insomma c’erano tutti i presupposti per fare il colpaccio. Martinez e soci venivano da quasi un anno di collegiali e di preparazione, erano caricatissimi e lo hanno fatto subito vedere: non c’era niente di lasciato al caso, ogni loro schema era stato studiato in palestra e a tavolino, ma questo non significava affatto che la squadra fosse legata ai fili convenzionali del gioco. Tutti i giocatori hanno insita una grande fantasia oltre che una forza atletica eccezionale. Ci hanno offerto fast di gioco spumeggiante che nella maggior parte dei casi hanno lasciato esterefatti pubblico e avversarsi.
Il cubano Figueredo vola in attacco contro la Corea
Non ce che dire, si commentava sulle gradinate del Palaeur, questi arrivano sparati in finale contro l’URSS, poi si giocheranno tutto nell’incontro con i sovietici. Ma Carmelo Pittera, comandante della brigata azzurra, ha fatto lo sgambetto al suo grande amico Herrera, quindi per gli americani tutto rimandato fra due anni alle Olimpiadi di Mosca. Una partita bellissima quella fra Italia e Cuba, un po meno per i nostri avversari che per fa prima volta hanno messo in luce alcune carenze, anche se minime. Certo, per nessuno è facile vincere contro una squadra che dispone di un pubblico cosi caldo e vicino al giocatori anche nei momenti più brutti, e i cubani, dal chiaro sangue latino, non hanno potuto che risentirne. Hanno vinto il primo set ai vantaggi, poi hanno cominciato a combattere ad armi pari con gli italiani come se non ci fosse mai stata una scuola di differenza, quella scuola cioè che noi cominciano solo adesso ad avere. Non solo hanno combattuto ad armi pari, ma alla fine non sono riusciti più a contenere gli attacchi dei nostri ragazzi letteralmente scatenati.
Si sarà trattato di un caso, ma non ci sembra: lo dimostra il fatto che contro l’URSS gli azzurri hanno disputato una grande partita e, nonostante questo non sono riusciti a totalizzare neanche un set.
Fisicamente i ragazzi di Herrera non hanno difetti: dispongono tutti di una elevazione straordinaria, sono potentissimi in tutti i loro colpi d’attacco e in difesa raccattano qualsiasi tipo di palla, schiacciata o pallonetto che sia. I loro tuffi sono tecnicamente all’avanguardia e i palloni arrivano con rara precisione al palleggiatore.
Garcia, l’alzatore cubano non e pero all’altezza della situazione, o per essere più precisi non è all’altezza dei compagni che giocano tutti su livelli mondiali. Va chiarito, però, subito che non si tratta affatto di un cattivo regista, soltanto che per vincere il titolo mondiale bisogna andare a vedere il pelo nell’uovo: diciamo che Garcia molte volte non riusciva a seguire le evoluzioni dei compagni, ostinandosi ad alzare al posto quattro seguendo un iter che sarebbe potuto diventare anche prevedibile. Invece, uomini di quel calibro andavano sfruttati in maniera ben diversa, con più incroci, più veloci, insomma il gioco doveva essere più vario. Forse, con un altro palleggiatore i centro-americani sarebbero diventati irresistibili, peccato non si possa fare la riprova con il nostro Dall’Olio, o con il “mostro” coreano Kim Ho Chul. Questo per quanto riguarda gli aspetti negativi dei cubani.
Marco Negri contro il muro di Cuba formato da Salas, Ruiz e Garcia
Un altro difetto, questo secondo noi ben più grave del primo, perché più diffciile da risolvere, riguarda il carattere degli atleti, che seppur dotati di una carica agonistica che nessuna squadra possiede, sono troppo sensibili a sbalzi di umore e il gioco viene a risentirne. Lo abbiamo potuto constatare in più di una occasione, non ultima la partita contro i nostri che, in giornata di grazia, hanno approfittato del rendimento alterno degli avversari. Infatti a meno di 24 ore di distanza, Cuba ha distrutto la fortissima Corea nella finale per il terzo posto, dimostrando di saper giocare a livelli altissimi.
Diciamo comunque, sempre parlando di squadre che possono aggiudicarsi il titolo iridato, che il nostro giudizio sulla squadra è più che positivo nel senso che siamo fermamente convinti che le medaglie di bronzo di Roma sono gli unici che possano seriamente infastidire l’URSS. La quale rischia di rimanere al comanda della graduatoria mondiale ancora per molto tempo. Il gioco cubano è l’unico che possa mettere in crisi gli uomini di Platonov che di punti deboli ne hanno ben pochi. Un palleggiatore più fantasioso (quando maturerà, forse, Perez) e una maggiore continuità possono dare molte gioie ai cubani, che restano sempre e comunque la squadra da battere. Tolti questi due difetti, il resto è gia tutto bello e pronto: difesa e ricezione vanno a mille, gli schiacciatori dall’ala non hanno sbavature. Ruiz è stato gludicato quasi all’unanimita il miglior schiacciatore del mondo, Martinez rimane sempre un grande campione, e i centri hanno un muro eccezionale.
Meglio di cosi, che si vuole! Herrera può dormire tra due guanciali: alle prossime Olimpiadi di Mosca i suoi ragazzi saranno ancora una volta i primiattori, sempre che non facciano la fine di Tano Belloni, eterno secondo dietro a Girardengo.