ROMA – Uno smash spalle alla rete, dalla parte del rovescio e con una frustata di polso non indifferente. E’ il colpo più iconico di Adriano Panatta, quella ‘veronica’ (termine coniato da Rino Tommasi rifacendosi a un gesto del torero durante la corrida) entrata nell’immaginario collettivo come un binomio legato indissolubilmente al tennista romano, che giovedì taglia il traguardo dei 70 anni. Anzi, un autentico marchio di fabbrica che lo ha accompagnato nel corso della sua straordinaria carriera, Roland Garros compreso. Nel 1976, anno del suo storico trionfo nello Slam parigino (dopo quello nel “suo” Foro Italico, con il trionfo in Coppa Davis, l’unica conquistata dall’Italia, a completare una stagione da record), Panatta rischiò di salutare il torneo al primo turno con Hutka, quando si ritrovò a fronteggiare un match point sul 9-10 al quinto set. “Prima la ‘veronica’, poi la volee in tuffo: passarono quel punto su tutte le tv – ricorda con una vena d’orgoglio – Sono cose difficili da spiegare, su quanta bravura o fortuna ci fosse. Penso sia un misto di entrambi i fattori, sono dell’idea che alla fine tutto si compensi”.
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Tennis: 'veronica', ciuffo ribelle e cuori infranti, i 70 anni di Adriano Panatta
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