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Roberto Marcora: “A Pune emozioni intense. Da Miami un viaggio di ritorno lungo e surreale”

Roberto Marcora è stato ospite di Luca Fiorino nel podcast “Tennis ai tempi del Coronavirus”: il tennista di Busto Arsizio, che nel 2020 ha raggiunto il primo quarto di finale a livello ATP nel torneo di Pune, ha trattato numerosi argomenti in compagnia del telecronista di SuperTennis TV.

Il travagliato viaggio di ritorno da Miami: “E’ stato un viaggio lungo e surreale, ma non ci sono stati problemi: sono contento di essere tornato in Italia sano e salvo. Sono arrivato in California il 29 febbraio, poi pian piano è cresciuta la preoccupazione: dopo la cancellazione del torneo di Indian Wells, mi sono spostato a Miami dove sono stato ospitato da alcuni miei amici. Inizialmente i circoli erano aperti e ci si poteva allenare tranquillamente, poi hanno cominciato a chiudere tutto anche loro: l’unica differenza rispetto all’Italia è che la gente può ancora uscire di casa, ma è veramente tutto chiuso. Il vantaggio che hanno in Florida sono gli spazi più grandi rispetto ai nostri, in questo caso gli assembranti non si creano. Io potevo uscire, camminare o correre ma non potevo fermarmi nei parchi per fare esercizi: arrivava subito un poliziotto che ti faceva allontanare, era impossibile stare fermi“.

Il primo quarto di finale a livello ATP: “A Pune ho provato emozioni intense, mi viene già la nostalgia: parliamo di 2020 ma sembra ormai passata un’eternità. E’ stato un fulmine a ciel sereno, mai mi sarei aspettato di poter raccogliere il primo quarto di finale ATP e di vincere il primo match con un Top-20: mi sentivo in forma e in fiducia, la decisione di giocare le qualificazioni ATP era già stata pensata insieme al mio allenatore ma avrei voluto giocare a Montpellier. Il cut-off in Francia era più alto, così come il livello dei partecipanti: in India ero sicuro di essere testa di serie quindi sono andato lì e i fatti mi hanno dato ragione. Mi sono trovato bene fin da subito con le condizioni di gioco”.

L’acceso dibattito con Paire a Pune: “Gli ho detto: così è successo di nuovo. Ce l’avevo lì da troppo tempo, è stato bellissimo ma è inutile andare a mettere il dito nella piaga. Io non l’ho mai insultato e non mi sono mai rivolto a lui con parole poco piacevoli, mentre lui sì. Mi piace pungere con ironia, rispetto all’insulto diretto fa anche più innervosire. Lui mi dava del ‘nullo’ e mi scimmiottava in italiano, a me veniva da ridere perché queste scenate non succedevano neanche nei tornei Open che giocavo da ragazzino. Ci avevo già giocato, noi siamo andati più avanti rispetto a quanto hanno fatto vedere le telecamere: a me facevano solo godere le sue parole anche nel tunnel, è andato fuori di testa“.

Capitolo giovani, Sinner e Shapovalov: “Forse sono stato il primo a scoprire il talento di Sinner perché mi ha battuto in finale al Challenger di Bergamo e da lì non si è più fermato: sapevo che sarebbe diventato fortissimo. Avevo avuto modo di vedere da vicino Shapovalov in Germania nel 2017, ricordo di una sua partita contro Cecchinato: sulla terra stava muovendo i primi passi, non era a suo agio ma si intravedeva il potenziale. Ho subito avuto la sensazione di avere davanti qualcosa di speciale. Ci sono tanti predestinati”.

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Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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