Con Roland Garros alle porte, il quotidiano britannico The Times ha approfittato per intervistare Jim Courier, due volte campione sulla terra parigina, per analizzare lo stato del movimento maschile. Tra i vari temi trattati, “Big Jim” ha diffusamente parlato di come il tennis europeo sia totalmente dominante da molti anni.
All’ultimo US Open il campione è stato Dominik Thiem, tennista europeo. Proprio US Open è stato l’ultimo torneo dello Slam vinto da non-europeo: accadde nel 2009, grazie al successo di Juan Martin Del Potro. Da allora solo successi per tennisti nati nel vecchio continente. La situazione degli altri tre Slam è ancor più euro-centrica: l’ultimo vincitore a Wimbledon non europeo è stato Lleyton Hewitt, anno 2002; agli Australian Open è Andre Agassi nel 2003; a Roland Garros è Gaston Gaudio nel 2004. In totale, 63 degli ultimi 64 Slam disputati sono stati vinti da giocatori europei. Di conseguenza, anche il ranking ATP segue questa fortissima tendenza, tanto che l’ultimo n.1 non europeo è stato Andy Roddick, scalzato da Federer ad inizio 2004 (dopo il suo successo agli Australian Open).
Secondo Courier, la causa principale di questo dominio dispotico dell’Europa nel tennis maschile deriva dall’insegnamento. “Negli anni ’70 gli Stati Uniti avevano i migliori allenatori del mondo, come Happy Hopman, australiano che si era spostato in Florida ed aveva portato i metodi che avevano generato la grandissima ondata di campioni australiani degli anni 60 e 70. Oppure l’avvento di Nick Bollettieri, che ha rivoluzionato il metodo di allenamento del tennis alla sua accademia. Molti dei migliori tennisti al mondo venivano dagli USA perché nel paese c’era la miglior formazione. Questo non era così frequente in Europa”.
Le cose sono molto cambiate da allora, continua Courier: “C’è stata una sorta di democratizzazione della formazione tennistica a livello globale. In Europa sono nate e cresciute moltissime accademie di allenamento, a partire dalla Sanchez-Casal, dove per esempio si è formato Murray. Quando il tennis ha iniziato ad essere molto più popolare in altri paesi rispetto agli USA, i migliori atleti si sono spostati in altri paesi e lì sono cresciuti. Gli USA continuano ad aver buoni tennisti, ma non del livello di un tempo, e negli ultimi 15 anni, come del resto la maggior parte degli altri movimenti, abbiamo solo potuto “tamponare” il dominio dei big 3″.
Con Roland Garros al via, un piccolo focus anche sulla terra, che secondo Courier resta una palestra incredibile, forse la migliore, per formare un tennista vincente. “Credo che molto dipende da dove nasci o cresciti, anche negli USA. Io vengo dalla Florida, lo stesso stato di Chris Evert. Siamo cresciuti giocando molto sulla terra verde americana, che sembra molto diversa da quella europea ma in fondo resta terra battuta. Per crescere su questi campi è necessaria pazienza, mobilità, sviluppare abilità più complete rispetto a chi nasce e cresce sui campi in duro. Alcuni dei nostri più forti campioni come Stan Smith, Pete Sampras, Michael Chang a Andre Agassi, sono cresciuti giocando tanto sulla terra. Per colpa del clima non in tutti gli stati si sono sviluppati i campi in terra, anche per motivi di praticità ed economici, ma la terra battuta resta una grandissima “palestra” per crescere. Quando sei giovane non pensi che possa essere rilevante giocare anche su terra, ma in realtà è fondamentale perché questo ti forma in modo completamente diverso, riesci ad essere un tennista migliore, più completo. Per questa ragione non molti dei tennisti USA si sentono a loro agio giocando sulla terra, e se ci arrivano un po’ troppo grandi, ormai non riescono a imparare certi automatismi e meccaniche esecutive che invece sono importanti una volta passati al professionismo”.
Courier ha sempre avuto un rapporto speciale con Parigi: “Era un torneo che volevo assolutamente giocare perché mi trovavo bene sulla superficie e ho avuto molto successo all’inizio della mia carriera. Per me è stato una grande soddisfazione anche perché i tennisti statunitensi non hanno avuto moltissima fortuna nel torneo. Di sicuro aver visto la vittoria di Michael Chang nel 1989 fu di grande ispirazione per me, Andre e tutti gli altri”.
Marco Mazzoni