La Federnuoto ha messo in cassa integrazione i suoi 85 dipendenti. Questa è la notizia, decisione che ha lasciato di stucco il quartiere generale di Sport e Salute e che ha fatto imbufalire i sindacati. Con questa mossa il presidente della Fin, Paolo Barelli, risparmierà 250 mila euro che vanno a sommarsi ai 500 mila ottenuti dal 20% dei tagli ai collaboratori e ad altri 3 milioni per l’annullamento delle varie manifestazioni.
Anche la Federtennis ha fatto una scelta simile, quindi dov’è lo scandalo? Premesso che la Federtennis ha azzerato anche i compensi a tutti i collaboratori (vedi Pietrangeli, Palmieri e Barazzutti in primis), quelli del tennis hanno spiegato di essere una federazione che si autofinanzia per l’87% dei propri costi.
Cosa ha di diverso allora la Federazione nuoto? Il semplice fatto di aver ricevuto il contributo di Sport e Salute, bonificato proprio per evitare la cassa integrazione dei dipendenti. Soldi pubblici, destinati a uno scopo preciso, che invece Barelli ha deciso di utilizzare diversamente.
I sindacati, Fp Cgil, Cisl Fp, Uilpa e Cisal Fialp sono insorti: “La Fin è un’associazione senza fini di lucro e con personalità giuridica di diritto privato che, pur non operando in un mercato concorrenziale, continua ad essere destinataria dei contributi pubblici erogati dal Mef per il tramite della società Sport e Salute, compresi quelli ricevuti proprio per sostenere il costo del personale dipendente, l’incidenza dei quali, stando al bilancio consultivo anno 2018 della predetta federazione, risultava pari al 103,8% della spesa complessivamente sostenuta, quindi posta interamente a carico delle finanze pubbliche. Ciò solleva seri dubbi sulla liceità del ricorso a simili forme di integrazione salariale, perché quell’ulteriore sovvenzione andrebbe a sovrapporsi a quella già attribuita dal presidente e amministratore delegato di sport e salute con la lettera del 21 aprile scorso, con la quale si comunicava l’avvio delle procedure per il conferimento anticipato della seconda tranche del contributo annuo a tutte le federazioni sportive erogato dal Mef”.
Per questo i sindacati ritengono illegittima l’azione della Fin e “si riservano di valutare la decisione assunta in tutte le sedi deputate e, contestualmente, di avviare tutte le iniziative di lotta ritenute necessarie a contrastare la scelta assunta dalla fin per tutelare i diritti e gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti”.
La Federnuoto, che gestisce sei centri federali, può vantare un fatturato di cinquanta milioni di euro. Questo caso aprirà dunque un nuovo contenzioso, per Barelli, in un contesto che forse nemmeno lui si attendeva: oltre ai sindacati c’è chi si attende ora la reazione da parte di Vito Cozzoli, il presidente-ad di Sport e Salute.