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Libri nel Giro: Gerbi e Bartali, il diavolo e il pio

“Diavolo rosso, dimentica la strada / vieni qui con noi a bere un’aranciata / contro luce tutto il tempo se ne va” e “Sono seduto in cima a un paracarro / e sto pensando agli affari miei, / tra una moto e l’altra c’è un gran silenzio / che descriverti non saprei. / Quanta strada nei miei sandali, / quanta ne avrà fatta Bartali”.

Paolo Conte è uno degli anelli di congiunzione fra Giovanni Gerbi e Gino Bartali. Il Diavolo Rosso è citato, contemplato, narrato in tutte le ricerche sul ciclismo pionieristico ed eroico, ma l’unica monografia è “Le imprese del Diavolo Rosso” di Giampiero Petrucci e Carlo Fontanelli (Geo Edizioni, 2000). Dall’esordio (nella Torino-Rivoli e ritorno, del 1900: sesto, e aveva 15 anni) all’addio (nel Giro del Monferrato, nel 1941: primo, e di anni ne aveva 56), così avventuroso, così letterario, così novecentesco nei suoi stratagemmi, nei suoi trucchi, nelle sue scorrettezze. Era lui quello che, alla fine della vittoriosa Coppa XX Settembre nella Roma-Napoli-Roma, conclusa con un pedale rotto e sospinto dai propri tifosi, sarebbe rimasto a letto 24 ore di fila prima di potersi rimettere in piedi.

Invece su Bartali la produzione editoriale è seconda solo – neanche a dirlo – a quella su Coppi. I fratelli canadesi Aili e Andres McConnon in “La strada del coraggio” (66thand2nd, 2013) ricostruiscono la vita di Gino il corridore, Gino lo scalatore, Gino il vincitore di tre Giri d’Italia e di due Tour de France (nessuno è ancora riuscito nell’impresa di vincerne uno a distanza di 10 anni dall’altro), Gino il duellante, Gino il pio, Gino il messaggero di pace, Gino il salvatore di centinaia di ebrei. Gino che, solo per questo, mentiva alla moglie: “Non aspettarmi questa sera. Vado ad allenarmi qualche giorno”, “Se viene qualcuno a cercarmi, soprattutto di notte, di’ che ho avuto un’emergenza”. Gino fino alla fine: “La vita è come un Giro d’Italia che sembra non finire mai, ma a un certo momento arriva l’ultima tappa. E magari non te l’aspetti. Io, adesso, comincio ad aspettarla”, “Il paradiso deve essere un luogo felice, come quegli altipiani verdi che ci sono sulle Dolomiti, dopo aver fatto cento tornanti, tutti sui pedali”.Visualizza questo post su Instagram


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/sport/rss2.0.xml


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