Tomas Woldetensae da quest’anno si trova in quella Virginia che, un anno fa, ha vinto il titolo nazionale NCAA. Per lui una stagione iniziata in salita, per prendere le misure di squadra e ambiente, e un gennaio 2020 molto interessante. Forse il March Madness avrebbe potuto metterlo maggiormente in evidenza, ma il campionato è stato annullato. Eccolo rispondere alle domande di Oasport.
C’è stato anche un momento in cui avevi iniziato a metter dentro di tutto, tra gennaio e febbraio.
“In quel momento sono tornato alle radici. Prima di venire qui in Virginia io dopo l’allenamento facevo sempre un’ora di tiro da solo. Una volta che sono venuto qui ho avuto l’infortunio, sono stato un po’ obbligato a stare un passo indietro perché avevo bisogno di tempo per recuperare la mobilità al polso e quindi non potevo tirare. Non appena la voglia di giocare bene è aumentata ho deciso di tornare sui miei passi precedenti, cioè fare del tiro extra. Che è il motivo per cui mi avevano preso a Virginia”.
Puoi fare un parallelo tra il gioco che esiste in Italia, nel junior college e in Division I?
“Chiaramente si va in salita. In Division I ci sono tanti diversi metodi di gioco. Ad ogni squadra devi abbinare un piano diverso, perché la concezione è così grande che gli allenatori devono trovare il modo per abbattere questa competizione, e quindi puoi trovarti una Syracuse che gioca 40′ a zona, poi vai a Duke che fa una box and one, o ti difende a uomo. Questo ti insegna a variare l’intensità. L’Italia è molto più tecnica, più organizzata, se cerchi di trovare il canestro migliore, la conclusione migliore. Per carità, anche in America si fa lo stesso, ma qui c’è anche il talento che può “rovinare i piani”, rompere gli schemi per segnare”.
In Italia c’è anche una grande attenzione ai fondamentali. Kobe Bryant ricordava sempre quanto aver giocato in Italia lo avesse aiutato nella sua carriera.
“Credo che sia la stessa cosa per me. Io sono stato fortunato a vedere i due mondi, cioè fondamentali italiani e aggressività americana. Quindi mi ha dato veramente lo slancio in un ambiente dove sì, siamo atletici, però senza testa ti rovini. Aver avuto la fortuna di farmi prima la testa e poi migliorare il mio corpo mi ha aiutato molto”.