Con sette casi di contagio, a cominciare da Rudy Gobert e Donovan Mitchell, la NBA aveva provveduto a lanciare l’allarme negli USA sul Covid-19 e a fermare tutto lo sport nel paese. Ma a qualcuno è sembrato strano che con 735.287 contagi e 39.090 morti (stima della John Hopkins University alle 10:35 del 19 aprile) negli Stati Uniti, il conteggio della Lega non abbia registrato qualche altro infettato.
Sull’argomento è intervenuto Adam Silver durante una conference call con i 30 governors della Lega tenuta nella giornata di ieri. “Il numero di giocatori NBA che si sono dimostrati positivi al COVID-19 è stato superiore a quello del rapporto iniziale di sette, ma i casi non sono stati divulgati per la privacy. Ma comunque tutti hanno rispettato i protocolli di stare a casa e come curarsi per arrivare alla guarigione.”
Parlando del disastro economico, Silver ha ammesso che “le finanze delle squadre e le nostre entrate sono state sostanzialmente ridotte a zero”.
Per un ritorno in campo, smorzato l’ottimismo dei giorni precedenti. “C’è ancora un’enorme incertezza sul virus. Ora stanno emergendo molte cose che stanno cambiando rapidamente e potremmo essere in una posizione molto diversa in poche settimane, ma non credo sia possibile dal prossimo 1° maggio programmare un ritorno in campo.”
Presente alla conference call anche il Dr. David Ho, un esperto di epidemia virale che a suo tempo aveva supervisionato le cure per Magic Johnson quando l’ex star dei Los Angeles Lakers annunciò di essere sieropositivo.
Ho ha spiegato che c’è ancora molto da imparare sul COVID-19.