Anche nel martedì seguente alle Final Eight di coppa Italia ritornano le considerazioni di coach Sandro Gamba sulla sua Olimpia Milano, e sempre su La Repubblica edizione Milano.
“Ahimé, le crepe c’erano già. Le conoscevamo. E abbiamo sperato che quella vittoria comoda contro Cremona alla prima partita di Coppa Italia, non fosse un abbaglio: vittoria facile sì, pure troppo, ma contro un avversario poco atletico e che si è arreso troppo presto. Un’illusione. Che ha disinnescato l’antifurto: non è suonata la sirena, e quando l’Armani si è trovata in difficoltà fisica contro la Reyer era troppo tardi.
È il limite, per ora, di una squadra tecnica, che prova a giocare nel modo giusto, messa bene in campo, che perde progressivamente efficacia e cattiveria agonostica all’interno dei 40 minuti. E non sempre basta l’esperienza o la classe individuale a raddrizzare la baracca. Sabato è bastato il primo giro di cambi a far perdere la bussola agli uomini di Messina. Riferimenti saltati e mai più davvero ritrovati.
Perdere la Coppa Italia, per la squadra favorita, è sempre una colpa. Intendiamoci: Venezia è quella che ha giocato meglio nei quattro giorni e si è meritata il trofeo, la più ordinata, la più cattiva difensivamente, quella con la pressione più costante o con i raddoppi meglio eseguiti. L’ho sempre considerata una delle candidate allo scudetto, e non a torto.
Ma, così come le altre squadre che stanno sotto all’Olimpia in campionato, ha messo il dito nella stessa piaga: sa che Milano è una squadra di passatori non eccelsi, che la sua difesa non copre tutti i 24 secondi dell’azione, che fa contropiede e non cambia mai ritmo, che ha stazza a rimbalzo ma non aggressività.
Vi ricordate di quello sanguinoso, dopo lo 0 su 3 di Bramos ai tiri liberi nel finale? Niente affatto un caso, o una novità in questa stagione. Leggo di critiche alla conduzione del coach. Invito a guardare una facile cartina di tornasole rispetto a come allena: ogni volta che la squadra torna da un time-out, difende sempre con qualcosa di nuovo, e in maniera efficace. Segno che il tocco di Ettore e la sua capacità di incidere in partita sono ancora lì.
L’Armani deve migliorare l’esecuzione, non c’è dubbio. Deve ritrovare il miglior Rodriguez: un consiglio allo spagnolo, se il tiro non va o se è troppo pressato, passi pure la palla, non cerchi di vincerla da solo. Il Chacho sa di essere bravo, non c’è bisogno che risolva tutto lui.
Io dico a tutti di guardare all’esempio di Tarczewski: che non abbia mani d’oro lo sappiamo tutti, ma guardate alla sua capacità di migliorare, alla continuità che ha raggiunto, a come riesca finalmente a incidere. Ha lavorato. Lavorare è sempre la miglior ricetta.”