Ritornato a Trieste dagli Stati Uniti, coach Matteo Boniciolli è stato ospite di Sportlive, il programma quotidiano di TRC. Ecco le sue dichiarazioni.
Legato a Bologna. Sono contento di quello che ho fatto, sapete quanto io sia legato alla città, agli amici che ho, e per me tornare a Bologna è sempre una grande gioia. Poi ho anche avuto la fortuna di lavorarci.
Ti manca la pallacanestro italiana. Mi manca la pallacanestro in generale. Io ho avuto la fortuna di poter rendere lavoro la mia grande passione. La Prep School negli USA mi ha proposto di ritornare, dato che abbiamo ottenuto buoni risultati e qualche giocatore ha avuto borse di studio, ma il virus ha messo in dubbio tante cose sia qua che là. Siamo stati bene, ma al di là dei costi va visto se si può portare là un allenatore italiano, in un mondo come quello statunitense che sta vivendo un tracollo economico.
Differenze tra USA e Italia Lì c’era solo pallacanestro e pubblico. Niente agenti, niente giornalisti, niente conferenze stampa o tattiche. Per la prima volta nella storia della scuola siamo stati invitati ad un torneo tra le principali Prep School a Springfield, e questo fa sì che ci sia maggiore visibilità: è stato solo basket, mi mettevano in palestra, buttavano via la chiave e mi venivano a riprendere a fine allenamento.
Quale ripartenza. Natalia Aspesi confutava la teoria che da questo momento di difficoltà si ripartirà tutti migliorati. Pure io non sono così fiducioso. E’ chiaro che una lettura intelligente di questo periodo dovrebbe portarci a cambiare. Ci sono gli orsi che salgono sui primi piani delle case in montagna, l’erba in Piazza Navona, l’acqua pulita nei canali di Venezia, questo dovrebbe farci riflettere sul modello di vita utilizzato finora. Non so quanto tutti siano consapevoli di quale sarà l’enorme riduzione dei contratti in un mondo come il nostro, e quale sarà la differenza tra i club con magnati come Armani e chi invece vive di biglietteria. In questo campionato Milano perdeva, c’era una nuova leader, ma il rischio è che la forbice diventi più larga. In una recente riunione di Lega si è chiesto di aumentare gli stranieri: ecco, non mi sembra la direzione più adatta.
Formula. Mi preoccuperei di fare un piano di medio periodo, tre anni, bloccando le retrocessioni: sono l’unico modo per consentire la crescita dei giovani, che devono conquistarsi i propri spazi. Conta la sostenibilità economica, dovrebbe essere un criterio fondamentale senza doverci arrivare con trentamila morti.
Melting pot. Quando arrivo in un posto, mediamente sanno chi sta arrivando. Invece negli USA sono entrato da perfetto sconosciuto, e quindi si dovevano convincere i ragazzi, non tutti americani, che andavano coinvolti immediatamente. E io, senza un passato, dovevo subito farmi accettare. Eravamo a 45’ da Chicago, facendo reclutamento su tutto il territorio nazionale e non sono, quindi era un melting pot e per me una grande lezione di integrazione. Io per primo, che ero straniero: lo sono stato in Belgio, in Kazakistan e negli USA, e so che ci si deve far capire. Farsi accettare da un fuoriuscito dal ghetto di Chicago (ci sono passato, e ringrazio di esserne uscito vivo, a volte guidando anche il pullmino) e farsi abbracciare alla fine mi ha dato la sensazione di aver ottenuto il mio scopo. E l’essere rimasto in contatto con loro me lo dimostra.
Di Virtus ed Eurolega L’essersi affidata ad un coach di grandi prospettive come Djordjevic, che ha dato alla società un respiro internazionale, è buona cosa: pensiamo all’utilizzo di Pajola, che rischiava di essere chiuso da due mostri come Teodosic e Markovic. Questa visione ha riportato il club ad orizzonti che erano stati suoi. Fondamentale è stato l’arrivo di un mecenate ambizioso come Zanetti, con l’investimento importante di Teodosic. Perché alla fine servono soldi, un buon coach e buoni giocatori…
Fortitudo, Fantinelli e… Antimo ha fatto un altro campionato eccellente, e non nascondo che io sono arrivato a Bologna sperando di essere il co-protagonista alla promozione. Mi sono ammalato, ho provato il rientro, non ce l’ho fatta, e questo è uno dei dolori professionali più grossi della mia vita. Poi la società, i giocatori, Antimo, ci sono riusciti. Ora i giornali hanno bisogno di essere letti, quindi non so se la voce Palumbo sia vera, ma se lo fosse potrebbe segnare un cambiamento di rotta nelle scelte societarie molto significativo. E’ stato giusto affidarsi a giocatori esperti per affrontare l’urto del primo anno in A1, e ora che lo status è stato raggiunto ci sta voler provare un rinforzo con giovani che potranno a medio termine andare bene in campo e diventare fonte di guadagno, dato che ormai quello italiano è un campionato di passaggio. In Fortitudo c’è un grande come Comuzzo, capace di lavorare benissimo con i giovani, e tutto questo potrà fare bene alla società.
Djordjevic dice che ormai il basket è 80% fisicità e 20% talento. Serve tornare a lavorare sui fondamentali? In questa inattività ho sentito molti colleghi in questi seminari sul web. Sento spesso Comuzzo, Sanguettoli, Consolini, Danna e Menozzi: non penso ci sia dicotomia tra fisico e tecnico, ma che il gioco attuale necessiti – e negli USA ho visto cose che voi umani… – di un percorso virtuoso tra strutture sempre più solide il maggior numero di competenze possibili. Senza giocatori con confidenza con il gioco, qualsiasi atletismo è assolutamente inutile. Così come il corpo ha bisogno di reggere l’urto clamoroso della fisicità.
Il tira e molla del calcio. E’ chiaro che si tratta di soldi. In Italia, forse con la sola eccezione di Bologna, si parla solo di calcio. E qui non è passione. Mia moglie, tifosa Milan, dice che le manca il campionato (io sono agnostico), ma qui si tratta di un ambito che ha vissuto per anni in deficit, e che se dovesse perdere i diritti televisivi e del merchandising farebbe un tonfo clamoroso.
Tu ripartiresti? Tennis e ginnastica permettono allenamenti individuali. Io non sono un virologo come tanti adesso, e ho la sensazione che, a parte spogliatoi e socialità che gli sport danno, non esiste niente di più pericoloso che uno sport di contatto. Ci dicono di non stare vicini a bere un caffè, poi dovremmo andare a lottare per un rimbalzo?