A Tutti Convocati Carlo Genta intervista telefonicamente Ettore Messina. Ecco le sue parole.
Alla fine sulla scia del caso Thompkins e di quello che ha deciso la NBA nel giro di una notte, anche l’EuroLeague ha sospeso gli incontri. E così siamo rimasti tutti a casa e soprattutto in quarantena perché ovviamente tutti eravamo stati a contatto con Thompkins e occorreva rispettare il protocollo.
A ESPN mi hanno chiesto della nostra situazione sia a livello sportivo che a livello di città. C’è molta curiosità negli Stati Uniti per quello che stiamo passando. Quello che mi premeva dire loro è che qui abbiamo un impressionante esercito di medici e un sistema sanitario che sta facendo miracoli per affrontare una situazione che è dura.
Bisogna essere grati a loro, e ho aggiunto che il Paese ha dato una risposta incoraggiante. Al di là degli episodi, la grandissima parte delle persone sta rispettando quello che il governo ha chiesto di fare con disciplina e senso di coesione. Settimane fa non ci eravamo accorti della gravità della situazione.
Credo che darsi un supporto psicologico in questo momento sia da darsi in tutti gli ambiti, per tutte le famiglie. In questo momento qui pensare alle partite, al campionato credo sia difficile per chiunque. Adesso per noi il tema più importante sarà, una volta finita la quarantena, vedere se sarà il caso di lasciare andare a casa i nostri giocatori nel modo più sicuro possibile.
In questo momento molti di loro vorrebbero riunirsi alle famiglie, ma non ci sono voli aerei, non è facile lasciare il paese né arrivare in un paese straniero e poi dover fare una quarantena. La sicurezza per prima cosa. Poi si vedrà con l’EuroLeague e con la LBA cosa decideremo.
Sicuramente in questo momento pensare di tornare a giocare in tempi brevi mi sembra sinceramente impossibile. E credo che non sia nemmeno nella testa di tutti. Qui parliamo di un picco che deve arrivare perciò di settimane se non di mesi. Credo che la pallacanestro e lo sport possano aspettare.
La NBA è stata un esempio di celerità e organizzazione, ma credo che a livello di pallacanestro anche noi in Italia abbiamo reagito molto bene, e su questo credo che non si possa fare alcuna polemica. Nella gestione fatta della crisi da parte degli organismi europei credo che abbiamo visto i riflessi della gestione della società civile: tutti hanno pensato per molto tempo che era un problema italiano, e ancor prima cinese.
Non pensavano che si potesse propagare anche in Spagna e negli altri paesi e hanno continuato a giocare fino ai tifosi dell’Atletico che sono andati qualche giorno fa a Londra. Una cosa che oggi giudichiamo demenziale. Quando si sono sentiti toccati hanno risposto con celerità. Probabilmente se avessero avuto una visione complessiva forse si poteva fermare un pò prima.
Quello che è successo è successo, e le chiacchiere adesso sono inutili. Adesso ci dobbiamo mettere intorno a un tavolo e si cominci a pensare cosa si dovrà fare dopo. Senza avere grandi ansie di ricominciare. Lo sport è aggregazione e non ha alcun senso affrettare o anticipare una ripresa solo per il gusto di riprendere, magari a porte chiuse. Dobbiamo attendere che le persone possano tornare a una vita normale.
Adesso siamo in una situazione paragonabile alla guerra, ci sono persone che soffrono e lottano, altre che muoiono, perdite economiche terribili a livello di individui e aziende. Dobbiamo prima pensare ad aiutarci l’un l’altro, si deve riprendere il paese prima di pensare a tornare a pieno regime con lo sport.”