Keifer Sykes è nato il 30 dicembre 2018 ad Avellino. Non in senso letterale, ma come giocatore di alto livello. Uscito dall’università del Wisconsin a Green Bay – la città del Midwest americano in cui la religione locale è il football -, “undrafted”, aveva cominciato la sua carriera professionistica in Corea del Sud e poi nella seconda lega turca. Ad Avellino era stato chiamato per fare il cambio di Norris Cole, che aveva vinto due titoli NBA a Miami. Ma nel dicembre 2019, Cole aveva chiesto di lasciare l’Italia per giocare l’EuroLeague con il Buducnost. Sykes, da cambio, si era trovato titolare, segnando 44 punti in due gare consecutive. Sulla scia di quella partita, il 30 dicembre 2018, ha segnato 31 punti all’Olimpia. Come direbbe Bradley Cooper, quel giorno è nata una stella.
Nick Budabin, un regista e produttore cinematografico newyorkese, si trovava a Chicago nel 2010 per filmare una serie dedicata alla 25° stagione dello show televisivo di Oprah Winfrey. In quei mesi, appassionato di basket, Budabin scoprì il mondo delle high school locali, un mondo effervescente, ricco di storie umane, qualche volta tragiche perché ambientate in luoghi pericolosi. Fu così che ebbe l’idea di un film-documentario incentrato su alcuni giocatori di Chicago. Uno di questi era Keifer Sykes, che stava frequentando l’ultimo anno di liceo alla Marshall High School.
Dopo alcune riflessioni, Budabin decise di puntare solo su di lui e di seguirlo per i successivi cinque anni nel suo tentativo di raggiungere la NBA. Sykes era un soggetto perfetto: un point-man di 1.80, con uno stacco da terra prodigioso, seguito dai compagni (incluso Alonzo McKinnie che ora è nella NBA), ottavo di otto fratelli, e padre di Keifer jr da quando aveva 16 anni (il bambino ora è nella squadra minibasket dell’Olimpia). “Fin dall’inizio, è stato in grado di esprimere sé stesso in modo genuino e con autentica onestà”, ha raccontato al Chicago Tribune quando il docufilm, “Chi-Town”, è stato presentato a numerose mostre cinematografiche, Torino inclusa.
Il film racconta la storia di Sykes attraverso l’ultimo anno di liceo e poi i quattro anni a Wisconsin-Green Bay, conclusi con una laurea in comunicazione, il matrimonio, la nascita successiva della seconda figlia, Kennedy, i successi in campo (nel 2013/14, UWGB chiuse l’anno 24-5 battendo anche Virginia, numero 1 del ranking con 21 punti e 10 assist di Sykes), i tentativi di entrare nella NBA attraverso i camp di Miami, Golden State e San Antonio, dove tra l’altro conobbe Coach Ettore Messina. Ma non ci sono stati solo momenti più o meno belli ad accompagnare la storia: nel 2012, Sykes ha perso il padre a causa di un attacco di cuore, un amico di infanzia è stato arrestato, un altro è rimasto paralizzato in seguito ad una sparatoria.
Nei due anni successivi alla fine delle riprese, come detto, Sykes ha giocato in Corea, Turchia, ad Avellino, poi è andato in Cina dove ha segnato 50 punti in una partita, record personale, che ha superato i 43 che con Avellino ha segnato in BCL contro il Banvit. E infine Milano, ovvero l’EuroLeague che non è la NBA, ma è quanto di più vicino possa esserci nel mondo del basket. Ed è qui che la storia di Sykes diventa davvero entusiasmante.