Carlo Recalcati è il doppio ex, il giocatore-allenatore che rappresenta una parte e l’altra. E, per l’iniziativa benefica sull’asse Cantù-Varese “All Togheter Now” (qui) non ci poteva essere un testimonial più indicato. A Cantù, da giocatore e coach, è considerato una bandiera. A Varese è l’allenatore dell’ultimo scudetto vinto nel ’99. Le sue parole nell’intervista di Luca Pinotti de La Provincia di Como.
Icona sul campo. È bello pensare di aver fatto tanto per entrambe. Tra campo e panchina ho disputato circa 70 derby, 56 solo in campionato, più playoff e coppe. E non ho considerato le amichevoli…
Di derby non si muore… È difficile fare delle scelte, ma ci provo, senza un ordine specifico. Il primo derby al Pianella, per esempio, lo ricordo bene: vinse Cantù. Sempre quell’anno, ricordo il derby perso da Cantù in Coppa Intercontinentale: una sconfitta indolore, perché poi vincemmo la sfida decisiva con il Real Madrid.
Allenatore di Varese. Al primo Varese-Cantù, nell’anno dello scudetto, perdemmo. Il mio amico giornalista Giancarlo Pigionatti della Prealpina, il giorno dopo titolò: “Per perdere contro Cantù, ci voleva un canturino”.
Per quest’anno… Peccato, sarebbe stata una bella sfida, che negli anni ha perso un po’ di significato per via delle limitazioni a cui sono sottoposti i tifosi. Perché il derby è dei tifosi, molto più che dei giocatori. Se alzi gli occhi al cielo, nei due palazzetti, capisci cosa vuol dire giocare quel derby e lo sanno solo i tifosi che l’hanno vissuto negli anni.
Stagione chiusa. In un momento come questo, mi sembra anche irrispettoso pensare al presente sul parquet. Occorre invece pensare a come ricominciare: programmiamo le prossime tre stagioni, ci vorrà del tempo perché si possa ripartire. Occorre il contributo di tutti: il mio discorso vale non solo per la serie A, ma per tutte le categorie: lungimiranza vuol dire pensare alle fasce più deboli.