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Intervista a Gigi Datome: il ritorno in Italia è quel canestro da 3 punti

La barba bianca di Gigi

Un giuramento romanticissimo verso il basket che rivela il suo animo gentile e come la sua barba lunga, espressiva e ordinata che tanto è amata dai suoi tifosi. Un dettaglio che esprime tutta la sua gentilezza, simpatia e anche tenerezza di un gigante buono e nobile soprattutto a Natale quando la sua attenzione va alla solidarietà e alla beneficenza.

“Se me lo chiedessero per un evento speciale con i bambini, potrei colorare la mia barba di bianco e fare Babbo Natale. Non l’ho ancora mai tinta e sicuramente se mai lo farò prima controllerò eventuali effetti collaterali e la durata”, scherza Gigi che ovviamente non ci tiene proprio a rovinare la sua bella barbona.

Dai tornei come i “Gigione Day” ma non solo (con tanti amici come Filippo Tortu, Gregorio Paltrinieri, Stefano Tonut, Martin Castrogiovanni, Ghemon e tanti altri colleghi cestisti), fino ai progetti sostenibili come il suo ruolo di ENGIE planet ambassador. Proprio con ENGIE ha acceso virtualmente l’Albero del Vento in piazza La Scala a Milano lo scorso 7 dicembre: una struttura che si ispira alle turbine eoliche e unisce natura con tecnologia, promuovendo la filosofia carbon neutral e le energie rinnovabili. Ma la strada è lunga: “Se ne parla ancora troppo poco e io voglio lanciare a più persone possibili, e lo faccio anche usando i miei profili social, un messaggio importante: dobbiamo ridurre le emissioni di Co2 e salvaguardare sempre il nostro pianeta. Mai come in questa pandemia abbiamo visto quanto sia importante tutelare il nostro patrimonio naturale, che è uno spettacolo, e quanto gli uomini abbiano impattato su di esso. Siamo ancora in tempo per cambiare le cose”.

Milano? Situazione perfetta per vincere tutto

Di strada ne ha fatta tanta, tantissima Gigi spostandosi in giro per il Mondo tra Italia (Santa Croce Olbia, Montepaschi Siena, Scafati, Virtus Roma per citare le più importanti), Stati Uniti (Detroit Pistons e Boston Celtics in NBA), Turchia (Fenerbahce) e infine il ritorno tricolore nell’Olimpia Milano.

Un trasloco giusto nel momento migliore, quello fatto lo scorso giungo, ora lei è più maturo ed è pronto per vincere tutto nel suo Paese e sotto lo sguardo dei suoi familiari, amici e supporters?

“Ho chiuso un capitolo a Istanbul dopo quasi 6 anni al Fenerbahce dove ho vinto tutto: 3 campionati nazionali (viene nonominato MVP nelle finali del campionato nazionale del 2015, ndr), una Coppa di Tuchia e un Eurolega. Ho imparato tanto e ho amato tantissimo la pallacanestro turca. Ammetto che tornare lì anche se da avversario questa volta non è stato facile. Sono contento che abbiamo trionfato nel doppio impegno della settimana scorsa in Eurolega a Istanbul prima contro il Fenerbahce e poi con l’Efes, soprattutto perché ora siamo quinti in classifica e il nostro obiettivo sono i playoff ovviamente: faremo di tutto per centrali.

Però mentirei se dicessi che non mi sento a casa all’Ülker Sports Arena. Anche senza i tifosi è stata un’emozione fortissima sin da quando sono sceso dall’aereo fino a quando ho calpestato quel parquet. Mi è dispiaciuto vedere tanti volti amici che purtroppo a causa del Covid non ho potuto abbracciare nessuno. Io sono molto scaramantico e ho i miei rituali che metto sempre in campo prima di giocare, non poterli condividere con loro, che non aspettavano altro, non è stato semplice. Ma non sarebbe stato più lo stesso, ormai sono un giocatore dell’Olimpia e sono un professionista. E’ stato un mix di sentimenti contrastanti, ma tutti i tifosi e i ragazzi del Fenerbahce rimarranno sempre tutti nel mio cuore, che per metà è gialloblù”.

A proposito di emozioni c’è già una vittoria che le ha già dato fiducia all’ombra del Duomo di Milano. Soprattutto quando si alza la prima coppa della stagione, la Supercoppa, ed il merito anche suo visto che ha messo a segno ben 17 punti.

“Certo, abbiamo messo in bacheca la finale di Supercoppa italiana battendo la Virtus Bologna 75-68. Ora ho appena iniziato un capitolo nuovo nel momento migliore per me. Fisicamente e mentalmente sono cresciuto adesso e per questo sono tornato in Italia: ora posso vincere e regalare tanto ai tifosi della pallacanestro italiana. La situazione è perfetta. Il mio obiettivo è quello di vincere con l’Olimpia Milano tutti e 3 i trofei: la Serie A, la Coppa Italia e soprattutto l’Eurolega. Siamo un gruppo solido, dal coach Messina fino a tutti i ragazzi in squadra, e non lo dico ora solo perché sono arrivato io nel roster. Possiamo fare grandi cose e cercheremo non solo di trasformare in sogni in realtà, ma di fare il più possibile. Al momento siamo al comando della Serie A in solitaria dopo aver battuto la Dinamo Sassari domenica scorsa (24 punti e top scorer del match, ndr). Dobbiamo rimanere concetrati”. 

La Serie A è cambiata molto da quando lei l’ha lasciata, ne è un esempio il ritiro dalla competizione della Virtus Roma, di cui lei ne è stato simbolo, capitano e col quale ha vinto il premio di Miglior Under 22 nel 2008-09 e Miglior Giocatore del Campionato 2012-13 .

“Dispiace tantissimo. I tifosi in primis come gli adetti ai lavori sono la parte lesa di questa situazione che purtroppo non è un’eccezione e una novità nel panorama della pallacanestro in Italia. Ci sono tante squadre che sono costrette a ritirarsie  che poi per fortuna risorgono dalle proprie ceneri. Speriamo nel destino della Virtus ci sia un progetto di rinascita. Mi sono innamorato di Roma e di tutto l’ambiente: è qui che ho raggiunto la consacrazione definitiva come cestista. Mi piange il cuore sinceramente che una squadra storica e competitiva sia sul viale del tramonto ma so quanto è difficile portare avanti una società, soprattutto adesso e con gli spalti vuoti. Mancano gli aiuti da parte delle istituzioni e dei privati, inutile negare quanti club siano abbandonati a se stessi”. 

La Virtus Roma, Totti e la sua casa

Gli anni nella Capitale le hanno lasciato anche la passione per la Roma, quella di Totti e De Rossi.

Totti è indescrivibile. Ho avuto la fortuna di conoscere lui e De Rossi, di scambiarci le maglie. Impossibile non rimanere affascinati dal tifo giallorosso. Mi sarebbe piaciuto tantissimo vivere la città con la vittoria di uno scudetto giallorosso in Serie A, sarebbe stato qualcosa di unico. Anche se non sono un tifoso di calcio resto fedele alla mia simpatia capitolina: guardo spesso i risultati dopo le partite e se la Roma vince sono felice. I miei tifosi ai tempi qualche battuta e paragone con Totti, visto che eravamo entrambi capitani, me le facevano. Ma ovviamente è un confronto che non regge per me, è fuoriluogo. I miei supporters sono molto creativi e ovviamente mi fa piacere e mi fanno ridere quando si sbizzarriscono (non manca nemmeno l’ironia nel paragonarlo a Gesù per via sempre della sua lunga barba, ndr). A volte mi tocca fare il diplomatico quando esagerano un po’. Sono però sempre loro la mia forza sia quando gioco bene e soprattutto quando le cose vanno male”.

Dove si sente veramente a casa e si concede una bel bagno? 

“Bella domanda. Sono 18 anni che sono fuori e che giro il Mondo. Sicuramente Olbia e il Golfo Aranci sono casa mia. Lì posso concedermi un momento di relax e farmi una bella doccia di quelle serene in cui scarichi tutte le pressioni con lo scorrere dell’acqua. Non sono un tipo da vasca da bagno anche se, a differenza di altre persone che arrivano quasi ai due metri d’altezza, ne ho avuta una Istanbul lunga e fatta apposta per me. Ma non la usavo quasi mai. Preferisco il mare della Sardegna e la mia famiglia. Lì mi sento in pace perché è dove sono cresciuto, dove i miei hanno scelto di trasferirsi e prendere le redini della Santa Croce Olbia e dove sono stato tesserato per la prima volta. Non è un segreto che il numero 70 lo scelgo proprio in onore della mia prima squadra in carriera, fondata appunto nel 1970. Anche se sono nato a Montebelluna, sono residente in Sardegna, ho l’accento sardo e non vedo l’ora di volare per queste vacanze proprio nella mia terra”.


Fonte: http://www.corrieredellosport.it/rss/basket


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