Le parole di coach Gentile, icona storia del basket italiano nell’intervista concessa a Emiliano Latino
Coach Nando Gentile
Ferdinando Gentile è la storia della pallacanestro italiana ed è soprattutto lo specchio della sua città natale Caserta con cui ha vinto lo scudetto 1990/1991 mettendo così fine allo strapotere delle società del Nord. La sua vita, un corollario di episodi incredibili diventata romanzo di appendice in cui l’orgoglio ne è il tratto caratteristico. A Caserta è stato il più giovane capitano della storia, quando non aveva ancora compiuto 21 anni, battendo così Riccardo Pittis, capitano all’inizio della stagione 1990-91. Gli anni milanesi e i successivi trionfi in terra greca lo annoverano tra i grandi, l’uomo dell’ultimo tiro, oggi head coach della Juve Caserta che non smette mai di stupire ed è pronto a nuove sfide. Per qualcuno è considerato il Maradona del basket per tutti semplicemente Nando.
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Giovedì il nuovo consiglio federale, Petrucci aspetta le proposte delle squadre per la ripartenza, cosa prevede Gentile o cosa auspica?
Oggi (ieri per chi legge) sono iniziati gli allenamenti individuali dei giocatori, qualcosa si muove, ma, pensare alle competizioni è dura; bisogna considerare la presenza dei tifosi, il basket è uno sport di gruppo e bisogna tener conto di tantissime variabili. Abbiamo giocato l’ultima partita a porte chiuse e ti posso dire che è meglio non giocare: bisogna ricominciare con la preparazione fisica, ma ci sarà tempo e modo per le competizioni vere e proprie.
Tornato ad allenare in Legadue a Caserta, ha più volte dichiarato di trovato un basket non di primissimo livello, a cosa si riferisce nello specifico?
Il livello della massima serie si è abbassato anche per la presenza massiccia di stranieri che, francamente, in molti casi, non si sono dimostrati all’altezza della competizione: un tempo gli americani ingaggiati dalle squadre erano di primissima fascia, quelli di oggi costano meno e di conseguenza il loro livello è relativamente basso, fatte salve alcune eccezioni.
Terzultimo posto nel girone Est, anche se la classifica era molto corta (5 squadre in 2 punti), quali erano gli obiettivi? Si considera soddisfatto?
A Caserta avevamo impostato un programma che prevedeva un ciclo di 2/3 anni dalla Serie B per risalire nelle categoria superiori partendo dalla ricostruzione di un settore giovanile forte. È arrivata la Serie A, ci siamo fatti un po’ tutti ingolosire e abbiamo adattato la squadra pagando dazio perché i due americani si sono infortunati in maniera grave. Nonostante questo abbiamo fatto anche alcune cose buone e di questo sono contento. Si pensa al passato e agli scudetti vinti, ma il mondo da queste parti è totalmente cambiato
Destano preoccupazione le parole dell’amministratore delegato Antonello Nevola in merito al futuro della squadra, cosa ci può dire?
Già durante l’anno abbiamo percepito le difficoltà dettate anche dalla mancanza di sponsor; tutte le spese gravavano sulle spalle del presidente e in queste condizioni un privato fatica reggere in condizioni ottimali. Non c’è guadagno e tutti i soldi spesi sono a fondo perduto, bisogna essere consapevoli e questo stop forzato ha acuito le circostanze. Ad oggi siamo tutti liberi e non conosciamo quale possa essere il nostro futuro, attendiamo sviluppi e insieme a Caserta valuteremo come e se continuare.