KLAUDIO NDOJA
Klaudio Ndoja è cresciuto nel Vllaznia Scutari, nel 1998 sbarca in Italia su un gommone di clandestini, vicenda che ha ispirato il libro. Dopo un inizio nel CSI grazie a un parroco milanese e due anni di dilettantismo a Desio, Ndoja viene ingaggiato dal Casalpusterlengo. Successive tappe a Sant’Antimo e Borgomanero, prima di approdare nella Serie A con l’Orlandina. Dopo l’esclusione dell’Orlandina dalla serie A si accasa in Legadue allo Scafati Basket, dove giocherà 35 partite tra regular season e play-off, realizzando 19,8 minuti e 8,4 punti di media a partita. Nel 2009 si trasferisce all’Aurora Basket Jesi. L’anno successivo rappresenta l’Italia al 3vs3 Street Basket World Championship, svoltosi a Mosca dal 28 luglio al 1º agosto 2010. Durante la manifestazione il terzetto azzurro guidato da Ndoja, e composto anche dal suo ex compagno di squadra Óscar Gugliotta, si classificherà al terzo posto a scapito della Romania. Inoltre le ottime percentuali dall’arco consentiranno all’ala italo-albanese di aggiudicarsi il premio come miglior tiratore del torneo. Il 19 agosto 2010 viene ufficialmente presentato dal Basket Club Ferrara alla stampa. Dove totalizzerà 33,6 minuti e 14,7 punti di media stagionali.
Nonostante fosse richiesto da alcune società di Lega A, nella stagione 2011-12 si accorda con la formazione di Brindisi, partecipante al campionato di Legadue, di cui è subito capitano. Costretto a saltare il finale di stagione regolare per un infortunio muscolare, torna a disposizione per guidare la sua squadra nei playoff, e ottenendo la promozione in Serie A nella gara 4 di finale contro Pistoia, dopo solo un anno di permanenza in Legadue. Nell’estate del 2013 viene ingaggiato dalla Guerino Vanoli Basket. Ha partecipato e vinto con la nazionale albanese under 18 la FIBA Europe Under-18 Championship “Division C” svoltasi a Malta nel 2003, contro le rappresentative di Scozia, Andorra, Malta e Gibilterra. In questo torneo Ndoja conquista la classifica marcatori segnando complessivamente 85 punti, con un massimale a referto di 29 punti 10 rimbalzi e 4 assist realizzati contro la Scozia. Nell’estate del 2012 risponde alla convocazione della nazionale maggiore albanese per partecipare alle qualificazioni del Campionato europeo di Basket 2013.Continua il suo viaggio tra i roster italiani di Cremona, Verona, Mantova, Bologna, Derthona e adesso a Forlì.
Per il suo carattere deciso e determinato viene soprannominato “Il Gladiatore”
La sua storia è raccontata nel libro “La morte è certa, la vita no. La storia di Klaudio Ndoja” di Michele Pettene edito da Imprimatur.
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Dopo aver letto la tua biografia di Michele Pettene, sorge spontanea una domanda, se ti guardi indietro, quali episodi ti hanno segnato di più come uomo?
Senza dubbio il viaggio a “scatola chiusa” verso l’Italia senza sapere cosa mi potesse prospettare il futuro e senza sapere se mai fossi ritornato in Albania. Ho lasciato tutto, affetti, amicizie, ma la perdita di mia nonna, mi ha segnato molto. Non l’ho più vista in vita e a 13 anni mi ha lasciato il segno e spesso ci penso. Sono tornato in Albania dopo 9 anni, praticamente un’altra nazione, non ho riconosciuto nè casa mia nè le strade della mia infanzia, perché tutto era stato devastato dalla guerra. Gli episodi sono tanti lungo questo lungo viaggio.
Dopo la parentesi fortunata di Brindisi, hai qualche rimpianto per la tua carriera?
Ovvio, i rimpianti sono sempre tanti, alcune scelte si sono rivelate apparentemente sbagliate nei due anni successivi alla paratesi brindisina, ma in quel momento ho pensato fossero le scelte migliori e adesso, con il senno di poi, le avrei comunque rifatte. Il mio procuratore mi aveva consigliato di prendere altre strade, ma mi ha sempre lasciato libero di decidere. Cremona e Verona sono diventate un crocevia della mia carriera; avrei potuto fare di più, ma mi piace guardare la mia vita all’indietro, con una prospettiva a 360°, soprattutto in maniera positiva. Arrivare alla Virtus Bologna e diventarne capitano è stata una grande soddisfazione; sono stati due anni intensi, l’apice della mia carriera sportiva che mi hanno permesso di arrivare alla ribalta della pallacanestro italiana.
Quest’anno a Forlì, qual è la tua situazione contrattuale e cosa prospetti per il futuro della tua carriera?
In questo momento mi piace pensare meno al basket e più alla vita reale; questa situazione ci permette di cambiare le prospettive, corriamo troppo, vogliamo sempre alzare l’asticella delle ambizioni spesso ci dimentichiamo alcune cose che necessariamente ci lasciamo indietro, quelle più importanti. Bisogna ragionare più a lungo termine, in questo momento sono un giocatore libero, il contratto con Forlì non c’è più, ma è ancora troppo presto per qualsiasi decisione anche se mi piacerebbe rimanere in Italia prima di tornare in Albania e chiudere lì la mia carriera. Bisogna pensare di stare e bene, passare più tempo possibile con le persone che ci vogliono bene e soprattutto ricordarglielo sempre.
L’anno scorso hai rifiutato Torino per Forlì, com’è andata e perché questa decisione presa?
Ritenevo Forlì una piazza più pronta per fare il salto di qualità e vincere il campionato; non pensavo che una società totalmente nuova, trasferita da Cagliari, potesse essere all’altezza nell’immediato. Vanno fatti i complimenti a Torino, che, in pochissimo tempo è riuscita a costruire un progetto di alto livello dopo un fallimento appena patito- Beh devo dire che alla fine ho scelto la seconda del girone Est, non male direi!
Il tuo messaggio ai giovani atleti che stanno affrontando, come tutti, questa situazione assurda…
A me piace pensare che la mia esperienza di vita possa essere un esempio per tutti; nel libro e nel cortometraggio, che uscirà a breve, sono raccontate vicende che poche persone possono dire di aver vissuto. Io, senza possibilità reali, sono riuscito a raggiungere obiettivi di vita impensabili soprattutto se pensi che da profugo ho vissuto da senza tetto per circa 2 anni senza aver praticamente nulla. L’insegnamento che vorrei arrivasse è quello che nei momenti di difficoltà si può riuscire ad uscirne e fare qual che più piace, senza dimenticare lo sconforto, tirando fuori e gioire di tutte le cose belle che accadono. Non bisogna mai abbandonare i propri sogni e i propri desideri, certo, non tutti possono diventare giocatori di Serie A, ma tutti possono e devono far bene le cose che la vita ci prospetta- Se non avessi avuto quei sogni probabilmente non avrei espresso appieno il mio potenziale.
Sono felice perché sono riuscito a dare un tenore di vita migliore ai miei familiari!