Per David Foster Wallace, quando saltava a canestro assomigliava a “una sposa di Chagall sospesa a mezz’aria”. È stato molte cose, e la maggior parte di queste inizia con “il più grande”: il più grande giocatore della NBA, il più grande sportivo americano di tutti i tempi, la più grande macchina da soldi dello sport professionistico. Eppure catturare l’essenza di Michael Jordan non è facile e rinchiuderlo in una definizione è impossibile come fermarlo quando scendeva a canestro, impensabile come tirare giù dal cielo una sposa di Chagall. Per riuscirci forse ci volevano le dieci ore della docu-serie prodotta da Netflix, il canale sportivo statunitense ESPN e dallo stesso Jordan, dal titolo The Last Dance, di cui ieri sono stati resi disponibili gli ultimi due episodi (di dieci totali).
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“Era Dio travestito da Michael Jordan”, ecco perché The Last Dance è come Game of Thrones
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