Non ci appassiona più di tanto il tema sollevato dal presidente federale Gianni Petrucci riguardo un possibile ritorno del giocare alla pallacanestro professionistica in impianti all’aperto (previa mascherina tutta da omologare all’uopo). Ma decisamente contrario all’idea è il nostro amico Carlo Fabbricatore, che ha espresso tutto il suo scetticismo a Il Piccolo di Trieste.
Problemi su problemi. Giocare all’aperto nel terzo millennio? Su quali materiali? A che ora? Se piove dove si gioca? Qualcuno ha fatto una verifica dei costi? Sono le prime domande che mi sono posto. Fare giocare atleti professionisti all’aperto comporta importanti aggravi assicurativi e ulteriori costi.
Una volta si giocava sul cemento che distrugge le articolazioni. Poi si è passati al parquet smontabile che in caso di umidità, frequente in estate, diventa scivolosissimo. Ho giocato moltissimi tornei estivi all’aperto e quindi parlo con cognizione di causa: un conto è giocare un torneo di due giorni, un altro giocare un campionato.
Se dopo il “campionato primavera” questa è l’idea per la ripartenza siamo veramente messi male.
Ho letto un’intervista rilasciata da Antonio Corbalan (medico ed ex giocatore Real Madrid) che entrava nel merito della sicurezza dei giocatori con basi scientifiche ben precise che evidenziavano il rischio contagio per gli atleti e per gli eventuali spettatori.
Mi permetto di dire che si continua a confondere lo sport professionistico con quello ludico e spero che la prossima proposta non contempli la grigliata collettiva. Per ripartite non servono boutade.