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A2 – Latina, un ritratto di Gabriele Benetti

A2 - Latina, un ritratto di Gabriele Benetti

Gabriele Benetti ha rilasciato una intervista sul sito della sua squadra, la Benacquista Latina. Proviamo a conoscere un po’ meglio il nuovo giocatore che  è stato molto disponibile e ha raccontato aneddoti particolari su di lui, sul suo primo incontro con la palla a spicchi, sulle sue passioni fuori dal parquet.

Come descriveresti te stesso e cosa ti piace fare nel tempo libero?

«Se dovessi descrivere la mia persona, direi che sono un sognatore. Nella vita, al di fuori del basket, sono affascinato dal mondo della fotografia. Mi sono appassionato davvero molto in questi ultimi anni, ho studiato da autodidatta in questo ambito e ho comprato tutta l’attrezzatura. Ho due macchinette quasi professionali, che utilizzo per dedicarmi a questa passione. Considerato che la mia ragazza lavora molto con Instagram, spesso vengo coinvolto ed è un modo per sperimentare quanto appreso nel corso degli studi fatti.  Sono contento di aver trovato qualcosa che mi ha appassionato in questi anni difficili in cui è stato importante avere qualcosa da pensare per far fronte al periodo complicato dovuto agli infortuni».

Come è stato il tuo primo incontro con la palla a spicchi? Hai praticato altri sport precedentemente?

«È stato un incontro particolare. I miei genitori, fin da piccolo, mi hanno fatto fare vari sport, senza mai impormene uno specifico. Devo premettere che mio padre, che oggi ha 65 anni, ancora corre in moto e quando ero piccolino mi comprò una mini moto, così, prima ancora di imparare ad andare in bici, già andavo in moto. Da allora non ho più smesso. Ancora oggi, infatti, andare in moto è una mia grande passione. A parte questo, però, io ho un fratello e una sorella più grandi, rispettivamente hanno 10 e 13 anni più di me e ho sempre visto mio fratello come un idolo. Copiavo qualsiasi cosa facesse e, tra le altre cose, giocava a basket, quindi io andavo sempre a vederlo giocare e all’età di 8 anni ho iniziato a seguire le sue orme sul parquet. In realtà un mio grande desiderio era quello di poter, un giorno, giocare insieme a lui, ma la differenza di età non lo ha mai reso possibile purtroppo. Fino all’età di 15 anni ho continuato a partecipare sia alle gare di moto, che alle partite di basket, poi però è arrivato il momento di fare una scelta. Ho fatto il salto e ho iniziato il mio cammino nell’ambito della pallacanestro».

Qual è stato il motivo per cui hai preferito la pallacanestro?

«In parte è stata la paura che aveva mia mamma ogni volta che mio padre mi portava in giro o in pista con la moto, poi confrontandomi anche con tutta la mia famiglia, ho deciso di proseguire con il basket. A quel punto, essendo nato a Vicenza, ho frequentato il settore giovanile nel vicentino e un anno sono arrivato a disputare anche 3 campionati, compresa la Serie B, nel corso della stessa stagione. Da quel momento ho iniziato a entrare nel giro delle selezioni degli Azzurrini fino a quando sono stato chiamato dalla Virtus Bologna. A quel punto mi sono trasferito nella foresteria di Bologna, dove ho maturato una grande esperienza e ho capito qual era la mia vita. Vivevo da solo, andavo a scuola, prendevo parte a due allenamenti ogni giorno ed è stato un periodo di grande crescita non soltanto dal punto di vista sportivo, ma anche umano».

Prima hai menzionato la tua fidanzata, che ha un nome piuttosto “noto” (Alice Sabatini, nda). Si è appassionata al basket per amore tuo oppure è stato il basket a farvi innamorare?

«Alice ha sempre giocato a basket. Quando era più piccola giocava nell’A2 femminile. Nel periodo in cui io ero a Roma (alla Virtus Roma, nda) c’è stata una sera in cui, dopo un nostro allenamento, sullo stesso campo avrebbe disputato una partita la squadra del “Basket Artisti” di cui Alice faceva parte. In quell’occasione io fui l’unico della mia squadra a restare ad assistere alla partita e da li ci siamo visti e conosciuti. Il basket ci ha fatto incontrare e innamorare. Anche se non è sempre clemente, posso dire che credo nel destino».

Qual è il tuo più bel ricordo legato al basket?

«In realtà non ho soltanto un bel ricordo, ma ne ho tanti. Sicuramente la prima volta che ho avuto l’opportunità di entrare in campo in  Serie A, anche se per pochi frammenti di partita, è stata un’emozione incredibile. Ero ancora un ragazzino e fare l’esordio sul parquet in una partita della massima serie, con il palazzetto pieno è qualcosa di indescrivibile. Fino a qualche mese prima, la Serie A la guardavo in televisione e mai avrei pensato di riuscire ad arrivarci. Quando sono tornato a casa quella sera, ho pensato che non ero ancora arrivato dove avrei voluto, perché ho sempre avuto il pallino di migliorare, crescere e tornare a giocare. E’ stato bello perché questo pensiero mi ha dato uno sprono, un segnale: “la Serie A è li, però ci devi lavorare”. Mi ha dato una speranza. Un altro bellissimo ricordo è legato alla partecipazione agli Europei Under 18 qui in Italia, si era formato un bel gruppo ed è stata un’esperienza importante. Questa domanda ha fatto riaffiorare in me tanti bei ricordi. Spesso dopo un periodo buio, come quello che ho avuto io in questi ultimi 3 anni, si tende a dimenticare i ricordi positivi, invece se ci si ferma un attimo a riflettere, riemergono tutti e sono bellissimi».

Sei ottimista?

«Diciamo che ho accanto a me persone ottimiste, mentre io tendo a vedere le cose come stanno. Per esempio, se gioco bene durante una partita, non riesco a vedere le cose positive che ho fatto, anche se mi vengono evidenziate magari dal coach, o dai miei genitori, o dalla mia ragazza, ma mi focalizzo molto di più sugli aspetti che ritengo non siano andati troppo bene. Questo modo di agire se da un lato mi aiuta a continuare a lavorare per migliorare, dall’altro non mi permette di trarre totale soddisfazione dal mio operato».

Hai parlato di tuo fratello come idolo, ma a parte lui, c’è un giocatore della Nba o un atleta italiano che puoi definire come tuo punto di riferimento?

«Sono sincero, non sono mai stato un ragazzo che vedendo un giocatore dell’NBA lo ha considerato un idolo. La pallacanestro mi è sempre piaciuta e, certamente, per un bambino piccolo l’NBA è qualcosa di fantastico, d’incredibile, ma ora conoscendo di più la pallacanestro e seguendo l’Eurolega,  mi piacciono i giocatori che, al di là di fare tanti punti, hanno una buona lettura del gioco, sanno difendere e coinvolgere i compagni. Non ho un idolo ora, lo è stato mio fratello perché mi ha portato in questo mondo, lo è stato Derrick Rose (cestista statunitense dei Pistons, nda) non come giocatore, ma perché come me ha avuto problemi di infortunio ed è stato capace di reagire e rialzarsi. Mi identifico un po’ in quello che ha passato e ho ammirato la sua forza e la sua caparbietà».

Sei stato fermo per un periodo di tempo, che effetto ti ha fatto tornare sul parquet?

«Dopo l’ultimo infortunio, in accordo con la mia famiglia e il mio agente, ho voluto prendermi una pausa. Mi sono detto “prima torno a star bene, poi penso al basket”, per questo motivo, in questi ultimi 18 mesi, sono stato lontano dal basket giocato per mia scelta. All’epoca non avevo un contratto con nessuna squadra, quindi ho optato per lavorare sulla ripresa con i miei tempi e nel modo migliore possibile, trovando sul mio percorso tante persone che mi hanno aiutato. Prima dello scrimmage con Roma ero agitato come un bambino che deve giocare la prima parttita di minibasket. Volevo dimostrare, soprattutto a me stesso, che il giocatore posso ancora farlo e sono contento di aver trovato una squadra che mi dà una certa costanza negli allenamenti e che mi segue».

Conosci bene il campionato di Serie A2, hai notato differenze in questa stagione rispetto agli anni passati?

«Ogni anno il campionato è diverso anche se solitamente il Girone Est ha sempre avuto squadre più forti, anche dal punto di vista organizzativo, si pensi a Treviso e a Bologna salite di categoria nella passata stagione o anche a Verona. Quest’anno, invece, il Girone Ovest l’ho visto molto competitivo, composto da tante squadre forti e con roster importanti».

Ancora non hai disputato partite di campionato con Latina, ma hai preso parte a vari allenamenti e allo scrimmage di cui parlavi prima, che tipo di rapporto si sta instaurando con il resto del gruppo?

«Il primo giorno in cui sono entrato nello spogliatoio, è stato come se conoscessi tutti da più tempo. In realtà, conoscevo già Raucci, dai tempi di Roma, Bolpin, Romeo e Musso con cui ho giocato spesso da avversario, perchè alla fine noi giocatori ci conosciamo un po’ tutti. Ho ricevuto un’accoglienza super da parte di tutti loro e anche dello staff e della dirigenza. Nel corso degli ultimi mesi mi sono allenato in 3 squadre diverse, ma in nessun posto sono stato accolto con altrettanto entusiasmo. Anche Marco Ranalli, il preparatore fisico, mi è stato vicino, ha voluto vedermi e parlarmi per stabilire il giusto metodo di allenamento da seguire. Per il momento il preparatore ci ha dato un programma di allenamento individuale da svolgere in casa, sono tutti esercizi a corpo libero specifici per ognuno di noi. Nel mio caso è molto importante tenere il tono muscolare sempre attivo. Mi spiace soltanto non aver potuto ancora esordire ufficialmente con la maglia della Benacquista, ma spero che presto tutto si possa risolvere e il campionato possa riprendere».

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