ROMA – Millecentoquindici chilometri che vorrebbe percorrere tutti di un fiato, senza voltarsi mai indietro. E’ la distanza che separa Daejeon da Tokyo. La prima è la citta della Corea del Sud dove gioca il KGC Ginseng Corp., club che ha ingaggiato Valentina Diouf. Nella seconda, come noto, si disputeranno le Olimpiadi del 2020. ‘Fiocco di neve’, il delicato soprannome datole a Novara (“Dicevano che quando mi tuffavo lo facevo con la stessa lentezza di un fiocco che cade a terra”) crede ancora di arrivare in Giappone con a Nazionale: “E’ difficile, ma i sogni non sono mai facili. Però ci spero, obiettivo Tokyo 2020. Non mi nascondo”.
Valentina del resto è una atleta di ampio respiro internazionale. Dopo l’Italia e prima della Corea, il Brasile. Campione paulista con Sesi Bauru, club con il quale ha raggiunto le semifinali della Superliga. “Che caldo che fa in Brasile (ride, nrd). E’ stata una grandissima esperienza. In Italia il campionato è buono, ma a conti fatti ci sono 2/3 squadre che fanno la differenza. Lì invece c’erano sette squadre tutte attrezzate per vincere il titolo”.
Una esperienza di vita, ben oltre il volley: “Dal punto di vista sociale è stato un periodo pieno di fermento. In pratica ho vissuto l’ascesa alla presidenza di Bolsonaro, vivendo i pareri favorevoli, ma anche gli altrettanti contrari. In un certo senso mi una situazione che mi ha ricordato la politica italiana”.
Politica, società, temi come il razzismo: “In Brasile non ho avuto il benché minimo problema. In Italia? Non vorrei che tanto parlarne in Italia fosse un diversivo per andare a risolvere i tanti problemi che ci sono”.
Importante se detto da una atleta dalla storia importante: “Mio padre è senegalese, mamma è italiana. Non so se sono stata la prima, ma sento di avere aperto la strada all’integrazione”. Una integrazione che non fa rima con la battaglia che da più parti viene combattuta allo ius soli: “Ma di cosa stiamo parlando? E’ un diritto di tutti quelli che nascono in una nazione. Punto e basta”.
Ed anche nel volley ‘Fiocco di neve’ ha detto tanto: “I palazzetti gremiti, la popolarità social delle nazionale di Silla ed Egonu. Tutto giusto e meritato, ma questo entusiasmo collettivo abbiamo iniziato a produrlo noi nella edizione precedente del mondiale”.
Determinata ma riflessiva, il gioco delle parti non fa per lei: “Lo sport femminile inferiore perché la donna rende meno dal punto di vista fisico? Vecchi cliché”. Come quello della moglie che segue il marito: ”Il mio compagno mi accompagna sempre nel mio lavoro. E’ venuto in Brasile, verrà in Corea. E’ musicista e fotografo, magari se avesse lavorato come impiegato alle poste sarebbe stato più complicato…”. Dici donna e pensi alla piaga sociale del femminicidio: “Vorrei studiarmi meglio i dati. Secondo me è una tragedia che è sempre esistita, solo che adesso, sottolineo giustamente, si dà maggiore risalto”.
Insomma, una vita divisa tra volley (“Ho iniziato venti anni fa e praticamente non ho mai avuto un altro sport. Ah, mi dicevano di fare la modella…”) e tanto altro, tra cui il ruolo di ambassador della Fondazione Laureus Italia Onlus, che dal 2005 ad oggi, nelle periferie di Milano, Napoli, Torino e Roma, ha sostenuto più di 5000 bambini che vivono in realtà di forte privazione socio-economica attraverso progetti che offrono più di 20 differenti attività sportive. La prossima iniziativa di Laureus è legata alla Laureus F1 Charity Night il 5 settembre.