ROMA – Diritti stretti, fucilate con il salto, smorzate, rovesci a due mani incrociati e a una mano in back. Ace, tanti, tantissimi, anche battendo da sotto. Serve and volley costante. Un pallonetto con colpo sotto le gambe e, un punto dopo, smorzata sempre sotto le gambe. Lo spettacolo di arte varia esibito da Nick Kyrgios a Washington è tutto quello che serve al tennis per rimanere vivo. Ha vinto il torneo, ok, e questo è ciò che ogni settimana succede ai professionisti. Ma è il modo che fa la differenza. Tutte le differenze del mondo. Perché va oltre le regole, soprattutto spezza un canone di imbruttimento che rischia di togliere interesse allo sport che tanti amano in ogni zona del mondo.
Kyrgios è la fiammata che accende. E’ l’antidoto alla noia. Non c’è mai stata un’epoca con tre fuoriclasse di siffatta specie ma il paradosso è che Nole Djokovic, Roger Federer e Rafa Nadal, in rigoroso ordine attuale di classifica, stanno rendendo scontato ogni torneo, soprattutto quelli più importanti, Slam per primi, e non c’è nulla di meno entusiasmante di una cosa scontata. Da due anni l’Atp sta provando a lanciare personaggi, si è inventata le Next Gen Finals che torneranno a Milano per la prima volta al Palalido a novembre. Ma il marketing non basta. Servono talenti. E, soprattutto, personaggi, giocatori fuori, oltre, anche sopra le righe. Kyrgios lo è. E lo ha confermato a Washington. Nella notte italiana e pomeriggio e sera americane l’australiano ha battuto Stefanos Tsitsipas, numero sette del mondo, in semifinale (6-4, 3-6, 7-6 con 91 vincenti a testa) e Daniil Medvedev (7-6, 7-6), nuovo otto, in finale. E fin qui ci sta. Ma, ripetiamo, è il come che accende la speranza. Un mix di prodezze e velocità, palle colpite in anticipo togliendo il tempo o addirittura mandando fuori tempo i due favoriti. Una stop volley di rovescio stretta e la passerella a dare il cinque ai fotografi e agli spettatori a bordo campo.
Nick Kyrgios saluta il pubblico