PARIGI – Un anno fa, a 40 anni spaccati, Daniele Bracciali tornava a giocare proprio a Parigi. Dopo aver scontato la qualifica per scommesse ed esserne uscito assolto dalla giustizia. In doppio, con Andreas Seppi, si tolse lo sfizio di vincere di vincere un paio di partite sorprendendo il mondo del tennis che lo considerava ormai un ex. Quest’anno non ha potuto partecipare al Roland Garros, raccontandoci il perché della sua assenza.
Partiamo dal 2018.
“Sì, l’anno scorso. Finalmente posso tornare a giocare: partecipo prima a un Challenger a Roma, al Garden, e poi volo a Parigi. Grazie a Seppi entro in tabellone di doppio”.
Ricorda le emozioni, i pensieri?
“All’inizio pensavo a rientrare, una cosa bella. Onestamente perdere o vincere non era l’importante, per me. Eppure siamo riusciti a vincere due partite, anche con coppie toste. È uscito un terzo turno inaspettato”.
Le reazioni dei tennisti?
“Belle: mi dicevano ‘Braccio is back’, erano stupiti. Grazie a Seppi, perché uno straniero mai pensava potessi essere competitivo. Un rientro da sogno”.
Durato pochi mesi.
“Sei mesi. Perché l’Atp, attraverso la Tiu, mi disse che avrei dovuto sostenere l’ennesimo processo, lo stesso per il quale il Tribunale di Cremona mi aveva assolto per non aver commesso il fatto, accusato di aver fatto da tramite nel 2011 a Barcellona durante una partita di Starace”.
Altro che atto dovuto.
“Dopo due assoluzioni non è stato così. Quello che era bianco è diventato nero. Motivazioni campate in aria. Hanno detto il contrario dei giudici togati di Cremona. Io ci sono rimasto male, mai pensavo di essere condannato”.
Era novembre.
“Già, e fin lì avevo vinto un torneo con Berrettini, fatto una finale con Delbonis e un’altra finale con Bolelli. In poco tempo ero tornato nei Top 100 di doppio. Il rientro era andato oltre ogni aspettativa. Credo di essere stato il primo italiano a vincere un torneo Atp a 40 anni, anche se di doppio”.
Stava andando tutto benissimo.
“Pensavo di poter continuare anche nel 2019. Invece il 20 novembre m’hanno ricondannato e fermato, dandomi il massimo della pena perché facevo parte di un’associazione a delinquere, esattamente la cosa per cui ero stato assolto a Cremona”.
Quindi fa ricorso, ovviamente
“Certo. Io faccio ricorso al Tas di Losanna, e speravo che i tempi fossero celeri. Era dicembre, giusto prima di Natale”.
E com’è finita?
“Finita? Da Natale attendo ancora l’udienza. Siamo a giugno. Sono passati oltre cinque mesi. E nel tennis le sentenze di primo grado sono esecutive, quindi mi hanno tagliato le gambe. Anche se assolto, alla fine sarò costretto a smettere di giocare. Perchè perdi i punti. Riparti da zero. Invece nei primi mesi del 2019 avrei avuto tutto da guadagnare, in termini di classifica”.
Un accanimento vero e proprio.
“Questo tempo non me lo restituisce più nessuno. L’ATP mi ha già negato un ranking protetto in caso di assoluzione, ma io lo chiederò anche al Tas. Ma il punto è che se nel tennis ti fermano tre mesi, ti uccidono. Sia che hai 40 anni, che hai ne hai 25. Se esci dalle classifiche è dura rientrare a un certo livello”.
Come si sente?
“Per me è un punto d’onore chiarire questa vicenda. La mia storia è veramente incredibile, non so cosa ci può essere sotto. Provo un dispiacere enorme. Ero riuscito a fare un piccolo miracolo, rientrare a 40 anni. Non voglio chiudere la carriera così, ma chiudendo sul campo. Sopravvivo dando lezioni di tennis private, gioco in Italia le coppe a squadre e ringrazio il mio circolo tennis di Arezzo, che mi è sempre stato vicino. E non mollo, perché voglio giustizia”.