ROMA – Se ne va un pezzo della storia della racchetta italiana. “È morto a 91 anni Beppe Merlo, un genio del tennis italiano. Due volte semifinalista a Parigi, due volte finalista a Roma e in quattro occasioni tricolore negli anni ’50, ha avviato una delle più durature rivoluzioni del gioco: il rovescio bimane”. A dare la notizia la Federazione italiana tennis: “Meno lottatore di Fausto Gardini, con cui perse una finale da corrida al Foro Italico, meno elegante di Pietrangeli e Sirola, Giuseppe “Beppe” Merlo, resta il più amato della generazione che ha portato l’Italia al vertice del gioco tra gli anni ’50 e ’60”.Il suo rovescio in un libroLo scrive oggi la Federtennis. “Il ‘gracile dongiovanni della racchetta’, in questa veste spesso protagonista delle vignette di Slawitz sul Guerin Sportivo, figlio del custode del tennis Merano, ispirava tenerezza con quel fisico leggero, con quel tennis di anticipo e tocco esaltato dalle corde poco tese. Ma con quel rovescio arrivò due volte in semifinale al Roland Garros”, prosegue così la nota della Fit. “Impugnava la Maxima Torneo, scriveva Roberto Lombardi nel suo libro ‘100 anni di tennis in Italia’, con la destra in alto, così da essere costretto poi a giocare il dritto a mezzo manico, traendo dal rovescio bimane, frustato senza swing, e dal dritto corto, diretto come un punteruolo, colpi accelerati ai limiti della fisica”, conclude la Federtennis.Le lezioni americaneNel 1948 è prima categoria, l’anno dopo già batte un futuro campione di Wimbledon, il numero 1al mondo Jaroslav Drobny. Con Gardini, nel 1951 la Fit lo spedisce in California. Aldo Tolusso, presidente in carica solo da un paio d’anni, investe tre milioni per far ripartire così il nostro tennis dopo la guerra. In quelle due settimane di lezioni americane, a posteriori fondamentali per quella generazione, Merlo gioca contro i più grandi dell’epoca: Don Budge, Frank Sedgman, Pancho Gonzales, Pancho Segura. Due giorni prima di lasciare la California, li accompagnano nella villa di Charlie Chaplin a Beverly Hills. “Charlot” non c’è, ma Merlo può comunque giocare, e lasciare pochi game in un set di allenamento, al vecchio formidabile Big Bill Tilden, il fuoriclasse da 10 Slam che aveva cambiato per sempre il servizio.La finale di Roma con GardiniLa Usta aveva spedito per osservarli Eleanor Tennent, l’allenatrice di Maureen Connolly, che è allora l’unica che abbia realizzato il Grande Slam. Nel vedere i colpi un po’ sbilenchi di Gardini e il rovescio bimane di Merlo, Tennent si mette le mani nei capelli. Ma col passare dei minuti, si accorge di un dettaglio nient’affatto secondario: gli italiani non sbagliano praticamente mai, e ordina a tutti gli altri coach di non cambiare niente della loro tecnica. Quella stessa tecnica che nel 1955, dopo la finale della zona europea di Davis vinta 4-1 sulla Svezia di Davidson e Bergelin, futuro coach, e molto di più, di Borg, finì sulle prime pagine dell’Equipe. È l’anno della finale a Roma con Gardini che infuoca lo stadio delle statue al Foro Italico. Merlo è avanti 6-1 1-6 6-3, nel quarto si lotta. Beppe inizia ad accusare i crampi, manca tre match point point, sul 6-6 crolla mentre Gardini gli salta intorno e grida “Si deve ritirare”. E si prende il titolo mentre il nostro non riesce ad alzarsi da terra. In carriera Merlo ha vinto 22 titoli internazionali, fra i quali i Campionati di Sicilia (nel ’56 e nel 57′), il torneo di Reggio Calabria (in tre occasioni) e poi a Viareggio, a Ortisei, a Stresa, a Bologna, a Venezia, a Napoli e a Trieste.
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Tennis: addio a Beppe Merlo, l'inventore del rovescio bimane
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