Tanti i temi toccanti in questa intervista esclusiva che il numero uno della Federazione Italiana Tennis ha rilasciato a “I Signori del Tennis” in onda oggi alle 18.30 su Sky Sport Collection; sabato 27 luglio alle 20.30 e domenica 28 alle 16.30 su Sky Sport Arena.
Sulla carta di identità di Angelo Binaghi, alla voce professione, c’è scritto presidente?
“No, c’è scritto ingegnere e ne vado fiero. É stata una facoltà molto dura. È stata la professione di famiglia. Però è stato l’epilogo di un percorso che ho sempre condotto in gioventù. Quello di cercare di fare sport a buon livello e cercare di completare gli studi. Io son stato un buon sportivo a livello universitario, ho vinto 2 medaglie d’argento alle Universiadi in doppio, ho vinto 6 volte i campionati universitari e poi mi sono laureato in ingegneria. Quindi ho fatto, e faccio tuttora, l’ingegnere”.
Oggi come si fa a far coesistere i due lavori?
“Devi innanzitutto cercare di selezionare le persone che ti stanno vicino e prendere i migliori. Anzi, qualcuna devi cercare di portarla nel mondo del tennis da aree vicine. Devi fare in modo che possano fare quello che non avrebbero mai fatto come libera scelta. Quella di venire a darci una mano in modo assolutamente gratuito. Poi se cresci ancora, arrivi ad un livello nel quale devi cercare di riorganizzare l’azienda. Questo è quello che abbiamo fatto lo scorso anno. Abbiamo preso un direttore generale. Siamo, insieme alla Federcalcio, le uniche ad avere, oltre ad un segretario generale, la necessità di un professionista che arrivava dall’Alitalia e che deve gestire la federazione. Anche se ormai di federazione ha ben poco, perché è diventata un’azienda. Adesso con le Atp Finals supereremo i 100 milioni di euro di fatturato. Quando siamo arrivati mi sembra che fossero 5 o 6 milioni. É una bella scommessa, nel senso che per riuscire a gestire un evento così grande si devono trovare le persone giuste. Speriamo di averlo fatto”.
Tutto nasce da una passione per il tennis. Perché Angelo Binaghi inizia a giocare a tennis?
“La mia famiglia ha portato il tennis in Sardegna. Mio nonno e suo fratello, sono stati tra i primi in seconda categoria in Sardegna. Mio padre e mia madre giocavano a tennis. Io sono nato sui campi da tennis. Devo dire che sarei rimasto tra la terza e la seconda categoria. Come tutti quelli che sono “figli di papà” che giocano perché vengono portati su un campo da tennis. In realtà poi ho avuto delle buone soddisfazioni in doppio maschile e in doppio misto però, per fortuna, non sono mai arrivato a dover decidere se lasciare la facoltà, quindi la professione di ingegnere, e provare a diventare un giocatore di tennis. Quindi non c’è stato nessun problema. Anzi, credo che questo sia stata una delle motivazioni per la quale dopo ho fatto il dirigente. Perché dopo una vita dedicata al tennis, mediocre, ti rimane comunque una grande passione. Nel mio caso, ad esempio, mio padre faceva il dirigente ed era amico dell’avvocato Galgani. Quando stavo finendo di giocare a tennis vedevo che l’avvocato Galgani sbagliava troppe cose e che era necessario cambiare qualcosa. Gli feci notare la cosa e lui mi scrisse una lettera molto aggressiva, che finì sulla Gazzetta dello Sport e su Repubblica. Mi fece diventare una sorta di piccolo eroe. Quindi fui costretto ad entrare nel comitato regionale, perché avevo esposto troppo la mia regione. 8 mesi dopo Galgani andò via e io entrai in consiglio Federale. Il presidente fu eletto presidente mondiale dopo un anno. Io ero il più giovane di tutti e mi fecero fare il presidente. Correva l’anno 2000. E poi 19 anni sono volati”.
20 anni di presidenza. C’è qualcuno che dice che Binaghi si è fatto le regole per essere presidente a vita
“Le regole te le fanno gli altri. Anche in questo caso, ad esempio, noi stiamo facendo una variazione statutaria che ci impone il Coni. Il governo, a sua volta, l’ha imposto al Coni. Quindi le regole sono fatte dagli enti e poi sono approvate dall’assemblea. Ma al di là delle regole, mi sembra, che io e il gruppo di persone che lavora assieme a me da 19 anni, qualche buon risultato se lo sia guadagnato sul campo. Siamo stati molto fortunati, è evidente. Abbiamo trovato un gruppo di ragazzi straordinari: Schiavone, Vinci, Pennetta, Errani. Per non dire anche Santangelo, Garbin, Farina. Qualche buona invenzione l’abbiamo tirata fuori. Abbiamo avuto qualche buona idea. Abbiamo avuto anche dei compagni di viaggio come il presidente Petrucci che ci ha aiutato molto nei momenti in cui avevamo bisogno che qualcuno ci aiutasse. E siamo arrivati fino a qua”.
Il Forte Village, in Sardegna, è diventato una succursale della Federtennis
“In questo percorso, una delle cose che siamo riusciti a far meglio è stata quella di riuscire a convincere grandi entità, anche al di fuori dello sport e del tennis italiano, e coinvolgerle in progetti importanti da fare insieme. Abbiamo iniziato con CONI Servizi nel 2005 spiegando loro che avremmo fatto diventare grandi gli Internazionali d’Italia che erano in una grande crisi perché perdevano 4 miliardi di lire l’anno. Siamo riusciti a coinvolgere la BNL che adesso è sponsor del torneo. Abbiamo coinvolto la Rai per fare il canale Super Tennis, e senza di loro non ci saremmo mai riusciti. Riuscire a coinvolgere una grande azienda turistica come il Forte Village che l’anno scorso ha investito oltre 900 mila euro nei montepremi dei tornei future credo che sia stato un gran bene per il nostro tennis, ma soprattutto per i nostri ragazzi che hanno l’opportunità di avere sotto casa un bel numero di tornei e che hanno la possibilità di accorciare il percorso grazie al numero di Wildcard che mettiamo a disposizione”.
Se diciamo Francesca Schiavone?
“Quello che ho raccontato prima ritengo sia stato lo spartiacque della Federazione, che era il disastro dello Sport italiano. È stata la svolta. Si è fatto sì che tutto questo si realizzasse. La vittoria del Roland Garros della Schiavone– anche perché non eravamo preparati- è stata la più grande mossa che ho vissuto degli ultimi 20 anni. Mi ricordo che un giorno mi squillò il telefono: sono Napolitano e io pensai subito a Cosimo Napolitano che è il padre del giocatore che mi stava facendo i complimenti, per cui ci misi un po’ a realizzare che era il Presidente della Repubblica che voleva fare i complimenti a me e soprattutto parlare con Francesca Schiavone. Questo dà bene l’idea di quali erano i nostri riferimenti e come cambiarono in un secondo”.
La Pennetta e la Vinci chiudono il cerchio qualche anno dopo agli US Open
“Non vedo come si possa ritrovare un momento migliore per ricordare il tennis femminile italiano. 9 titoli slam tra singoli e doppio. La Errani che fa miracoli, la Schiavone che vince il Roland Garros. L’anno dopo che va di nuovo in finale e le “rubano” la finale, senza quella palla avrebbe battuto la Na Li e avrebbe rivinto. Gli anni dopo la Errani, un miracolo, in finale con la Sharapova. La Pennetta in finale con la Vinci a New York. Per noi è qualcosa di irripetibile sicuramente. Non so quante volte il nostro paese ha avuto un periodo e una generazione così straordinaria. Quattro donne positive, ognuna di loro riusciva a sopperire alle pecche dell’altra, riuscivano a trovare nelle loro differenze la forza per diventare sempre più forti. Peccato perché questo periodo è finito tutto insieme per una serie di coincidenze. Non abbiamo avuto il piacere di un atterraggio soft”.
Stessa cosa per i ragazzi: hanno giocato anche loro a superarsi. Da Volandri, Starace e il primo Seppi fino ad arrivare a Fognini. Ora sta arrivando Berrettini e anche Sinner
“E poi ci sono Musetti, Zeppieri. Ne abbiamo abbastanza, però abbiamo sofferto almeno 10 anni. Ci hanno tenuto a galla le donne. Adesso anche i presidenti delle altre federazioni, come quello francese, mi chiedono, ci ammirano, cercano di rubarci i segreti e capire come è stato possibile avere 19 giocatori tra i primi 200″.
Un fiore all’occhiello è quello delle Next Generation Finals. Un trampolino di lancio per organizzare le Finals?
“Se non avessimo chiesto di organizzare le Next Gen Finals non ci saremmo fatti conoscere dall’Atp in modo così profondo e non saremmo riusciti ad avere le Finals a Torino. È una bella esperienza. Milano lo deve capire fino in fondo. Da quest’anno finalmente entriamo nel cuore di Milano giocando al Palalido: adesso non c’è più la scusa che è in Fiera ed è difficile da raggiungere. Penso che potrebbero diventare ancora più entusiasmanti se qualcuno dei nostri giocatori riuscisse a diventare protagonista. Sinner e compagni penso che nei prossimi anni possano giocarsela alla pari con i primi 6-7 giocatori del mondo”.
Quest’anno qualche giocatore si è lamentato del Foro Italico, per via della pioggia
“I giocatori sanno meglio di noi, che queste cose le decidono i due supervisor. Quindi il giorno di pioggia è stato il supervisor a rinviare di ora in ora lo stop dei match. Sono stati loro a deciderlo alle 6 di sera e noi lo abbiamo immediatamente comunicato. L’unica cosa che a noi manca è un tetto. E’ un grande peccato che per un torneo come il nostro, in un bellissimo posto, non si sia fatto mai mezzo passo in avanti per la copertura del centrale che permetterebbe all’impianto di essere molto più profittevole. Credo sia costato 20/25 milioni e si usa una settimana all’anno. Se fosse coperto non solo permetterebbe al nostro torneo di crescere, magari anche di categoria, ma si potrebbero giocare tante altre partite di pallavolo, pallacanestro e tanti altri sport. È un po’ la rappresentazione del nostro paese che, a volte, non riesce a fare le cose più ovvie più banali“.
Qualche anno fa la minaccia di spostare il torneo. Quel momento è stato superato?
“È stato superato perché abbiamo trovato un’amministrazione comunale che è presente: viene in conferenza stampa, studia con noi le necessità di cui abbiamo bisogno in quella settimana. Ma come tutto il quartiere, con tutta Roma Nord perché il nostro torneo impatta fortemente con quei quartieri. Negli anni precedenti siamo stati sempre osteggiati e a volte anche combattuti. Noi avevamo serissime intenzioni di andare via da Roma per denunciare l’inerzia e l’incapacità dell’amministrazioni comunali con le quali ci siamo confrontati. Quindi il futuro del torneo è sempre molto legato alla società che ci concede l’impianto per 15 giorni. Adesso c’è un nuovo management di grande qualità con il quale ci stiamo confrontando e vi confermo che se fosse rimasta la vecchia CONI SERVIZI avevamo già deciso fra due anni di riprenderci il torneo, di fare come è stato fatto negli altri 60 anni di vita del torneo e quindi riprendere a far e il torneo direttamente come Federazione. In prospettiva, l’idea sarebbe quella di trovare una location nostra come hanno fatto tanti altri grandi tornei, creare il nostro impianto e magari farci all’interno il centro tecnico e poterlo vivere 365 giorni l’anno. Non è una decisione facile, adesso ci sono altre priorità, ma adesso soprattutto c’è un buon partner che ci può permettere di fare bene le Finals e crescere agli Internazionali d’Italia. Però è sempre una prospettiva che va tenuta calda e in futuro sicuramente sarà questa”.
Il tennis in tv, grazie Super Tennis e Sky Sport si sta allargando la platea televisiva
“E’ un po’ come il tetto del centrale. Una delle cose talmente belle e importanti che non si capisce perché non siano riusciti a farle prima, ma io mi prendo una componente del 50% di responsabilità. Adesso credo che sia una grande prospettiva per i nostri appassionati. Noi non siamo un canale commerciale, vogliamo far godere il nostro sport al maggior numero di persone possibili, quindi in questo caso è una festa che ci permetterebbe di far vedere qualche piccolo spezzone di Wimbledon in chiaro e per noi è una grande festa riuscire, tramite quelle immagini, a portare sempre più persone su Sky e poter quindi vivere un’esperienza totalizzante”.
La cosa più importante che le viene in mente da qui ai prossimi 10 anni del tennis italiano? Vincere uno slam maschile, aumentare il numero dei praticanti, avere più tornei in Italia?
“Più tornei di così non credo che sia possibile. Ci manca sicuramente uno Slam. Magari anche una finale in Coppa Davis, nel settore maschile. Però credo che la cosa più importante sia avere un grande successo nell’organizzazione delle Atp Finals. Perché un conto è farle, un altro conto è farle alla grande. Non sarà facile, ma riusciremo a trovare il partner che ci consentirà di farlo. E poi la prospettiva è di cercare di rendere il tennis più popolare. Le condizioni perché vengano fuori buoni giocatori oramai ci sono. Ci sono state nel femminile e ci sono nel maschile. Penso che la Federazione, noi dirigenti, dobbiamo avere l’ambizione di arrivare sempre più vicini al calcio. Eravamo probabilmente il decimo sport. Oggi se non siamo il secondo, siamo sicuramente tra i primi tre. Mi sembra un sogno. Il tennis era uno sport molto più di nicchia. Adesso siamo là. Ma noi vogliamo crescere ancora di più”.
Se potesse scegliere di nazionalizzare uno tra Federer, Nadal, Djokovic, Murray?
“Pur senza conoscerlo personalmente, sono un grande tifoso di Nadal. Perché il tennis, e anche la vita, per me é stata lotta. E Nadal mi sembra che impersonifichi meglio di chiunque altro questo mio essere. Quello che vorrei essere. Sicuramente non Federer. Ho sempre odiato quelli che giocavano a tennis meglio di me, ma che non soffrivano… Quindi, tutta la vita Nadal”.
Se Federer le chiedesse la cittadinanza italiana…
“Gliela darei di corsa, ci mancherebbe altro. Però direi: accidenti, mi sarebbe potuto capitare anche con Nadal”.