ROMA – Tra Jean Todt, oggi presidente della Fia, e Michael Schumacher è nata una grande amicizia ai tempi della Ferrari. Amicizia che dura ancora oggi, nonostante le condizioni di salute del pilota tedesco. In un’intervista rilasciata a “La Repubblica”, l’ex capo della Ferrari parla di tutto, ma principalmente di Schumi, delle condizioni di salute del sette volte campione del mondo dopo l’incidente sugli sci, a Meribel, nel 2013. “Non c’è nessuna notizia, salvo il fatto che Michael stia lottando per migliorare ogni giorno la situazione. Dobbiamo accompagnarlo in questa lotta, supportare sua moglie Corinna che è una signora fantastica e che si occupa di lui e dei figli. Dobbiamo aiutarli, rispettando al massimo i loro desideri. Ho letto cose incredibili sul suo ricovero e come al solito quelli che sanno non parlano, e quelli che non sanno parlano – le parole di Todt – Sono stupefatto che, quando è venuto a Parigi per un controllo in ospedale, della gente che dovrebbe privilegiare il segreto medico abbia parlato. È ovvio che tutti intorno dobbiamo aiutarlo e augurarci che ci saranno, diciamo, dei miglioramenti continui“.
Rapporto quotidiano
Poi Todt ha parlato di come è il suo attuale rapporto con il campione tedesco: “Ho detto la verità, vedo dei gran premi in tv con lui, spero che un giorno potremo andare insieme a un Gp. Lo seguo come al solito, lui e la sua famiglia – prosegue Todt – abbiamo un contatto quotidiano. Stasera da Parigi andrò a Ginevra e lo vedrò. Lo sappiamo che ha avuto un incidente che ha lasciato delle tracce. E questa è una cosa privata“. Sul clamore mediatico che ancora suscita Schumacher, Todt aggiunge: “Normale che sia così, è una leggenda dell’automobilismo. Non è che sia ingiusto volergli bene e voler sapere di lui, ma tocca alla famiglia decidere quello che vuole o non vuole dire: cerca di proteggerlo e difendere la propria vita privata come Michael ha sempre voluto“.
Complimenti a Mick
Intanto il figlio di Michael, Mick, è in F2 e sta facendo parlare bene di sé. “Lo conosco da quando è bimbo, lo adoro, è intelligente, molto bene educato, ha un profilo basso. È il risultato del gran lavoro dei suoi genitori che hanno voluto sempre tenerlo fuori dalla visibilità. Ha scalato la piramide, dai kart alle formule minori. Lo dobbiamo lasciare lavorare in pace. Il cognome è una pressione in più? Forse, ma col casco e la visiera giù è come gli altri piloti: si dimentica di tutto“.