Nella settimana che porta al trentennale della caduta del Muro di Berlino un approfondimento sui campioni del ciclismo ai tempi della DDR, da Olaf Ludwig fino a Taeve Schur
Innovatori confinati. Ecco chi erano i campioni del ciclismo DDR. Dilettanti, fortissimi ad Olimpiadi e Mondiali, ma al contrario, dei compagni dell’atletica o del nuoto impossibilitati a confrontarsi nelle corse che tutti conoscono, per capirci Giro o Tour, Sanremo o Roubaix. Cosa avrebbero fatto contro Moser e Saronni? Sicuramente hanno portato il ciclismo nella galleria del vento, oltre che negli albi d’oro dei dilettanti. Manubri a corna di bue, vestiti in lycra, alta frequenza di pedalate, temi che oggi conosciamo tutti, ma allora no.
Il più forte? Forse Olaf Ludwig, classe 1960, passato professionista, tardi, alla Panasonic, super squadra olandese, trentenne, nel 1990, con l’oro delle olimpiadi, proibite ai prof fino al 1996, addosso. O forse i figli del sistema DDR, quelli nati dal 1970 in avanti, quelli che avevano 18-19 anni alla caduta del muro, i vari Ullrich, Tour e Olimpiadi, Zabel, quattro Sanremo e sei maglie verdi, per finire con Fiedler, il re della velocità in pista.
Ai grandissimi del passato resta una popolarità interna, nel mondo del Patto di Varsavia, con la Corsa della Pace come gara di riferimento, il tour comunista. Se scavate bene nell’album dei ricordi potete trovare anche un francobollo dedicato a Taeve Schur, nove volte sportivo dell’anno in Germania Est anni cinquanta, sessanta. E poi parlamentare alla Volkskammer, anche al Bundestag nella nuova Germania. Ma non cercatelo tra i vincitori delle classiche monumento. Non ha mai potuto partecipare.