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Lega A – Sandro Gamba: l'Olimpia sfrutti di più il gioco interno

Lega A - Sandro Gamba: l'Olimpia sfrutti di più il gioco interno

Critico, e non potrebbe essere altrimenti, anche Sandro Gamba dopo la brutta prestazione collettiva dell’Olimpia Milano al PalaDozza. Che tra l’altro fa il paio con quella di Venezia a Varese. Sarà il gioco delle coppe? Ecco la disamina tecnica del garnde coach, affidata come sempre alle colonne de La Repubblica edizione Milano.

Avrei potuto giocare io, e parlo del Gamba di adesso, al Paladozza. A quel ritmo da partitella di scarico del lunedì, a quel ritmo compassato, in mezzo a gente così debole, così svuotata di energie. L’Armani ci è ricascata. Visto come è rientrata (dal meno 21 al meno 4) nel finale, dando l’impressione di poter addirittura completare la rimonta se la partita fosse durata tre minuti in più, fa ancora più rabbia.

Certo, la Fortitudo ha dimostrato di essere una buona squadra, ben allenata da Martino, e Bologna non è mai campo semplice. E aggiungo che la qualità della pallacanestro dell’Olimpia, anche in quel tentativo finale, non ha mica incantato, pur essendo lontanissima dai primi 25 minuti di coma totale.

Ma sono gli ennesimi punti buttati via, e posso solo immaginare le tre ulcere che saranno venute a Ettore Messina, il contropelo che potrà aver fatto ai giocatori in spogliatoio: la sua faccia a bordo campo diceva tutto, sembrava aver ingurgitato un cucchiaio di citrato. Perché poche cose danno fastidio al mio amico Ettore come quelle viste domenica: le sue squadre seguono sempre una linea, partono veloce e finiscono veloce, partono dure e finiscono dure.

Invece, se qualcuno avesse guardato solo gli uomini in rosso, senza sapere chi fosse il coach, non lo avrebbe mai indovinato. La stanchezza, di testa e fisico, l’usura delle partite ravvicinate, i viaggi, la fatica mentale: sono tutti discorsi che si fanno da tempo, non solo in Italia. L’Nba ha rivoluzionato i calendari decine di anni fa, le squadre che volano sulla costa opposta giocano fino a cinque trasferte consecutive, e bisogna prepararsi a farlo, bisogna essere professionisti sempre.

E mettersi in testa che Milano è una città esigente in tutto, soprattutto con una squadra che ha lo scudetto come obiettivo dichiarato. Vuole un’Olimpia dura. Come era stata, senza andare troppo lontano, giovedì scorso in casa del Khimki, alla loro altezza fisicamente e di testa almeno per tre quarti.

Detto questo, continuo a non essere preoccupato per il prossimo futuro. Certo, se l’Armani sfruttasse di più il gioco interno (Scola può tirare il fiato e Gudaitis è assente, d’accordo, ma perché non cercare i centimetri di Tarczewski?), e se gli esterni tenessero qualche uno contro uno in più (non è il mestiere preferito per qualcuno, compresi Rodriguez e Nedovic), non sarebbe male. Ma la squadra c’è. Va pungolata, spronata, bastonata. In palestra ce n’è uno che lo farà. Senz’altro.

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