Ritorna come di consueto al martedì la rubrica di Sandro Gamba che parla dell’Olimpia e del campionato italiano sulle colonne de La Repubblica edizione Milano.
Guardo avanti, per una volta. Al filotto di cinque partite in dieci giorni che attende l’Armani: a Mosca col Khimki, a Bologna in casa Fortitudo – chissà che accoglienza per Ettore Messina, rivale dai tempi della Virtus – e poi al Forum con Maccabi, Efes Istanbul e Sassari. Non c’è un’avversaria, tra questi, che faccia davvero tremare i polsi ma sono tutte sfide dure, complicate in un modo o nell’altro (Tel Aviv e i turchi sono crocevia obbligati per chiunque voglia fare i playoff di Eurolega) e la trappola, leggi sconfìtta, è dietro l’angolo.
Sono i ritmi del basket contemporaneo, che mi portano a fare un paragone non tanto con le mie squadre di club, quanto con le grandi competizioni per la Nazionale. Partite ravvicinatissime, ad alta tensione, in cui gestire il gruppo è il segreto. Ai miei tempi non facevo un turnover sistematico: anche se erano i dodici più forti giocatori azzurri, individuavo sempre un nucleo di sette-otto elementi che avrebbe giocato sempre, di cui mi fidavo ciecamente.
Poi, partita per partita, individuavo quegli elementi tattici (un tiratore, un difensore sulla palla, un contropiedista rapido, un lungo in più) da usare in determinate situazioni. Vedo Messina utilizzare, grosso modo, lo stesso criterio. E, nel suo nucleo dei sette-otto, tiene sempre i suoi tre cervelli: Rodriguez, Micov e Scola, tre concentrati di esperienza e saggezza che dovrà preservare dall’usura fino in fondo alla stagione, anche perché sono i giocatori più anziani e “spremuti” dalle loro brillanti carriere: al “Chacho” si chiede di risolvere le partite e di sfoderare il suo playmaker da sempre, Scola – lo convocai per una selezione mondiale vent’anni fa, e lo stimo da allora – fa sempre tutto bene ed è sempre presente quando c’è da giocar duro, ma sappiamo tutti che va per i quarant’anni suonati.
E qui mi ricorda un certo signore, che a quarant’anni faceva ancora le guerre su tutti i parquet: i tifosi lo sanno, la maglia numero 11 di Dino Meneghin verrà ritirata la sera della partita col Maccabi Tel Aviv, io e lui abbiamo aperto la strada dell’Italia verso la Hall of Fame del basket. E abbiamo vinto dodici scudetti a testa. Il gesto dell’Olimpia è più che doveroso: in attesa che ritirino anche la mia! Che dire di quest’Armani? Che mi piace il suo continuo aggiungere qualcosa a ogni esibizione, la sua crescita costante, la mano di Messina che emerge in tutti i dettagli: difesa, circolazione di palla, organizzazione di contropiede e attacco a metà campo. E movimento degli uomini, il vero passo avanti di questa stagione rispetto al passato.