Sale l’eccitazione per il rinnovato derby in serie A di Basket City, quello tra Virtus e Fortitudo, che si gioca – tra non poche polemiche – a Natale nel nuovo campo del Palafiera. Tra passato e presente, ecco ricordi e considerazioni di uno dei protagonisti storici del derby, Gianluca Basile che è stato intervistato da Luca Aquino sul Corriere di Bologna.
Il tiro ignorante. All’epoca, forse per incoscienza ma anche per quello che provavo in allenamento, avevo acquisito una fiducia tale che nella mia testa quello era un buon tiro. Un giocatore in campo ha sensazioni che non si possono spiegare a chi sta fuori.
Il derby più acceso. Il ricordo principale è quello del mio esordio: prima partita in Fortitudo e subito derby nel 1999. Poi ricordo il periodo di Ginobili, quando loro erano veramente forti e noi a rincorrerli. Sono quelli che ho sentito di più anche se li abbiamo persi quasi tutti, perché il vero derby è quando la Fortitudo è sotto, non quando è più forte. Siamo noi, storicamente, i poveri sfigati che vanno a sfidare i grandi.
Dovevo andare in Virtus. Andai anche in sede da Cazzola. Poi — voci di corridoio ma bisognerebbe chiedere a loro — pare che Messina fosse concentrato più su un giocatore greco e avrebbero voluto che andassi in Virtus a giugno e non a gennaio. Come spesso succedeva ai tempi, vedi Meneghin l’anno dopo, quando la Fortitudo sentì che era quasi fatta con la Virtus si fece sotto.
Come vivevo il derby. C’è sempre una grande attesa perché le pressioni si sentono, dai giornali ai tifosi. Poi in campo aspettavo di vedere la coreografia della Fossa, che si inventava sempre cose assurde, ma una volta che si alza la palla a due ti godi la carica che può darti una partita speciale.
Come finirà a Natale. È la situazione ideale per la Fortitudo, giocherà senza pressione. La Virtus sta dimostrando il suo valore, Djordjevic sta facendo un gran lavoro, ma non mi aspettavo che Teodosic potesse cambiare gli equilibri non solo della V ma dell’intero campionato.