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A1 femminile. Liliana Miccio: “A Palermo sono rinata”

Esordiente in A1 a trent’anni, ma con lo spirito di una ragazzina, la MVP del girone Sud di A2 è pronta a guidare le siciliane verso la salvezza

La grinta di Liliana Miccio

La grinta di Liliana Miccio

Anni di sudore e sacrifici, assecondando una passione che appena tredicenne l’ha condotta lontano da casa, il gioiello campano Minori, facendole girare l’Italia in attesa di coronare il sogno di giocare, un giorno, in A1. E pensare che Liliana Miccio, esordiente nella massima serie a trent’anni con l’Andros Palermo, il traguardo più ambito avrebbe potuto raggiungerlo molto prima. Una carriera (mezza verrebbe da dire, perché il bello inizia ora) spesa sui parquet di A2, occupando costantemente le prime posizioni nelle classifiche di rendimento, con una media punti quasi sempre in doppia cifra. 
Di occasioni per cimentarsi con il top della pallacanestro nazionale, scontato dirlo, ne ha avute e come. Ma lei ha sempre coltivato un unico obiettivo: guadagnarsi la A1 sul campo, non per ‘chiamata’. Ed è ciò che è successo lo scorso anno, quando ha trascinato Palermo verso una storica promozione, ricevendo il premio come MVP del girone Sud di A2.
“Quando mi hanno comunicato di essere stata nominata migliore giocatrice del campionato non ci credevo – commenta Liliana. Le mie compagne mi chiedevano in continuazione hai vinto il premio, ma ti rendi conto? E io ero totalmente stravolta, non capivo nulla. Non pensavo fosse possibile, anche perché la mia migliore stagione è stata quella precedente, quando perdemmo la finale. Probabilmente il riconoscimento è relativo al mio rendimento negli ultimi due anni. Una gioia immensa”.
Stessa sensazione provata, immagino, qualche ora dopo la premiazione, con il tanto atteso esordio in A1.
“L’emozione era tanta e non solo per me. Eravamo quasi tutte alla prima esperienza nella massima seria e probabilmente questo ha condizionato anche il rendimento della gara d’esordio persa contro la Geas. Non è più come in A2, dove ci sono partite nelle quali puoi anche rilassarti un po’. In A1 devi essere sempre al 100%, sia fisicamente che soprattutto mentalmente”.
Possibile che una giocatrice con le tue doti, sia tecniche che caratteriali, sia approdata in A1 solo adesso?
“Sinceramente e devo dire per la gioia della mia procuratrice – lasciandosi scappare una risata – la serie A1 non è mai stata una priorità per me. Mi spiego meglio, ogni estate la mia procuratrice cercava di convincermi a cercare una squadra di categoria superiore, ma io ho sempre rifiutato. Avrei potuto provare già a vent’anni l’esperienza della A1, accontentandomi di stare in campo per qualche minuto a partita. Ma non era quello che volevo. Desideravo giocare, legarmi a un progetto e conquistarlo sul campo il diritto a giocare in A1. E dopo tanti sacrifici il sogno si è realizzato a Palermo. E la mia procuratrice, quando mi ha comunicato la conferma per quest’anno, ha tirato un sospiro di sollievo e ha aggiunto: finalmente mi sono tolta un peso, non ne potevo più!”.
Qual è il tuo rapporto con coach Santino Coppa, un’istituzione della pallacanestro con una forte personalità?
“Coppa è stata la chiave del salto di qualità che ha portato alla promozione.  Mi sono appassionata alla pallacanestro quando Priolo, sotto la guida di Santino, era una realtà vincente, tra le più forti in Italia. Quando mi hanno detto che avrebbe allenato Palermo ho chiesto: ma proprio quel Santino lì? Aveva la fama di un allenatore dal carattere duro, che fa lavorare sodo in palestra. Tra di noi si è creato da subito un rapporto di reciproca fiducia e stima. Io sono una persona che ascolta molto e cerca di mettere in pratica nel migliore dei modi gli insegnamenti. Un atteggiamento che a Santino piace molto. Gli chiedo solo di lasciarmi rifiatare un po’ di più. Lo scorso anno ero in campo quasi sempre per tutti i 40 minuti, quest’anno la musica non è cambiata. Scherzi a parte, credo che avere la possibilità di staccare la spina e ricaricarsi mentalmente e fisicamente durante un match sia fondamentale per poter rendere al meglio. In A1, senza una panchina lunga che ti consenta di conservare forza e lucidità per i momenti decisivi, non si va lontano”.
La precisione al tiro dalla media e lunga distanza è la caratteristica che forse meglio ti rispecchia e che conoscono bene le difese di A2. Su cosa devi ancora lavorare per ricoprire un ruolo da protagonista anche in A1?
“Sono una persona estremamente autocritica. Quindi direi che ho moltissimi difetti. Se faccio ad esempio una serie di tiri da 3, vale a dire il mio punto di forza e ne sbaglio due, inizio a chiedermi cosa non stia andando per il verso giusto e cerco di capire dove migliorarmi. Credo sia tutto nella testa e lavoro soprattutto su questo aspetto, concentrazione e determinazione. Il fondamentale sul quale credo di essere ancora carente e al quale sto dedicando maggiore tempo nelle sedute d’allenamento è la difesa. Che è poi il marchio di fabbrica del coach, sul quale giustamente insiste molto. Ma io sono testarda, mi metterò d’impegno e riuscirò a migliorarmi. Santino lo sa”.

Obiettivo numero uno di Palermo per quest’anno è mantenere la categoria, per poi poter proseguire nel progetto di crescita.
“Si e non sarà facile. Dovremo dare tutte il massimo, sempre. Innanzitutto perché avere una straniera in meno è un handicap non da poco. È come se iniziassimo ogni partita con un 10-0 in favore delle avversarie. Ora abbiamo Torino in casa, una gara difficile ma alla nostra portata. Per conquistare la salvezza dobbiamo necessariamente sfruttare queste occasioni, mettere assieme quanti più punti è possibile contro formazioni di livello simile al nostro. Soprattutto quando giochiamo in casa, con la spinta del pubblico, dobbiamo essere noi a dettare i ritmi di gioco”.
Il ricordo più bello e quello meno felice degli anni trascorsi in A2.
“L’ultimo anno a Ferrara racchiude entrambi i momenti, la gioia di fare parte di un gruppo stupendo, unite dentro e fuori dal campo, alla delusione e all’amarezza nell’apprendere la notizia del fallimento. Sono certa che nessuna di noi 10 avrebbe mai voluto chiudere quell’esperienza. A fine stagione invece di pensare a divertirci dopo un anno di lavoro, piangevamo. Ferrara per me è e sarà sempre casa, lì ho delle amicizie che rappresentano dei veri e propri pilastri nella mia vita”.
Come la Fenice, dalle ceneri del fallimento di Ferrara a Palermo è nata una nuova Miccio, pronta a spiccare il volo.
“Lasciando Ferrara per Palermo  posso dire di aver scoperto una nuova me. Sono maturata tanto, mi sento più determinata, responsabile e consapevole di ciò che sono. Dopo i 4 anni a Ferrara, i 3 di Palermo mi hanno dato tutto quello che stavo cercando”.
Dove vedi Liliana Miccio tra 5 anni?
“E’ una domanda che spesso mi faccio da sola, per poi dirmi un attimo dopo meglio non pensarci. Innanzitutto spero di restare fisicamente in queste condizioni ancora per un po’ di anni, ora che ho conquistato l’A1 voglio godermela. Poi, guardando in prospettiva, mi piacerebbe trasmettere ai bambini la passione per la pallacanestro che mi ha accompagnato in questi anni e il mio obiettivo è lavorare come allenatrice o gestire un centro di minibasket. Ma per ora resto concentrata sul campo e sulla salvezza di Palermo”.

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