di Vanni Gibertini
OTTAWA – Nella recente Pool canadese della Volley Nations League abbiamo scambiato alcune battute con Andrea Giani su vari argomenti, dal cammino dei suoi nella Nations League passando per la spinosa questione del doppio incarico fino ad arrivare ai programmi per la prossima stagione con la Revivre Milano.
Com’è l’esperienza generale di questa prima Volley Nations League per la tua squadra? “Molto positiva, perché il livello è molto alto. Siamo partiti dal primo gruppo con Italia, Serbia e Brasile, e non è stato facile, ma ci è servito. Poi siamo andati in Polonia dove abbiamo vinto con Cina e Polonia. Dobbiamo utilizzare queste partite per alzare il nostro livello, al di là del ranking”.
Come ti trovi a lavorare in Germania? “Mi trovo molto bene, è una federazione molto organizzata con ottime strutture. La differenza la fanno purtroppo i giocatori: in Germania ci sono pochissimi professionisti, e quando abbiamo iniziato a lavorare insieme quattro settimane fa molti giocatori non avevano la condizione fisica e tecnica, e poi quando ti presenti a questi livelli i nodi vengono al pettine. La maggior parte dei “nazionali” giocano nella Bundesliga, che purtroppo ha un livello piuttosto basso. Ci sono sei atleti che giocano all’estero, due dei quali hanno preso un anno sabbatico, quindi non sono presenti in questa stagione, un altro si è presentato in condizioni fisiche spaventose, quindi è rimasto a casa… Non è facile mettere insieme un gioco di alto livello in queste situazioni. Tuttavia bisogna dire che il gruppo ha una grande cultura del lavoro, si sono messi sotto dal punto di vista sia fisico sia tecnico, poi mi conoscono, sanno cosa voglio in campo e si sono subito adattati al mio modo di allenare”.
La tua situazione personale, con il doppio incarico per la nazionale tedesca e per il club della Revivre Milano è in una sorta di limbo regolamentare per quel che riguarda le norme federali italiane. Come vivi questa situazione? “La vivo male, perché secondo me è una enorme ed ingiusta limitazione. Questo è il mio lavoro, io amo stare in palestra e credo sia molto penalizzante per un allenatore di club non poter allenare anche una nazionale, perché non vedo un conflitto d’interesse tra i due ruoli. In questo modo si punisce, non si capisce bene in base a quale principio, un allenatore, o un assistente allenatore, che vuole lavorare 12 mesi l’anno, e questo è molto strano nel mondo del lavoro, in un ambiente professionistico. Poi ci sono società nel nostro campionato che sono inadempienti e non si fa nulla. La sanzione che io devo pagare per poter allenare anche all’estero poi è troppo alta: quei 50.000 euro non sono una cifra che guadagno, non ho un contratto così alto. Credo che questa soluzione esista solo in Italia”.
Come pensi si potrebbe risolvere la situazione? “Bisognerebbe essere d’accordo tutti quanti, si tratta solo di una questione di buon senso. Quest’anno hanno cambiato la norma per gli allenatori della nazionale italiana, è arrivato Velasco ed è stata cambiata, e non va bene. Questa è la dimostrazione che si fanno dei regolamenti esclusivamente ad personam, ed in questo modo non è possibile essere dei veri professionisti”.
Un paio di domande sul campionato: come valuti il progetto che stai portando avanti con Milano? “Il progetto è molto buono. Mi dispiace che la prossima stagione non giocheremo da subito al Palalido, perché credo che il livello del nostro prossimo campionato sarà straordinario. Già gli ultimi due sono stati molto belli, il prossimo credo sarà ancora migliore. Purtroppo saremo costretti a giocare tutto il girone di andata lontani dal Palalido, perché le ultime notizie ci dicono che non sarà pronto prima di dicembre. Però per giocare a Milano siamo disposti anche ad affrontare questo”.
All’inizio del volley mercato si è venuta a creare una situazione un po’ spiacevole con voci che ti davano in partenza da Milano con destinazione Modena? Come hai vissuto questo periodo poi conclusosi con un comunicato congiunto delle due società? “Lucio Fusaro mi ha chiesto di continuare il progetto, io ho un contratto con Milano e la questione è finita lì. Però questo non fa parte dello sport: si tratta di una questione lavorativa, e le aziende hanno il diritto di fare le scelte che ritengono opportune nell’ambito delle loro possibilità. Quando Modena mi ha fatto sapere che c’era la volontà di farmi allenare la squadra, la faccenda è passata ai due proprietari e poi loro hanno deciso, ponendo poi fine alla vicenda con un comunicato congiunto”.