Ufficio Stampa Trento
Di Redazione
E’ concentrato per la stagione del riscatto, dopo una estate in cui ha già ribadito essere stata funzionale al riposo. Pur lasciando qualche interrogativo sulla continuazione della sua avventura in Nazionale, Luca Vettori ha le idee chiare, come emerge dall’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport.
Com’è stato ricominciare?
“Bello, perché era da tanto tempo che non passavo dalla palestra. Mi sono preso questo periodo perché mi andava di ritrovare il ritmo, le parole, le persone. E’ da quando avevo 16, 17 anni che non mi fermavo così a lungo, senza pallavolo, sentivo la necessità di farlo per il fisico e per la testa. A prescindere dall’estate bellissima che sta facendo la Nazionale, da quanto sarebbe dovuto venire in azzurro, con il grande appuntamento dei Mondiali in casa”.
E’ stato diverso dall’altra volta, quando da ragazzo pensò anche di smettere con la pallavolo?
“Si, questa è stata una scelta più consapevole, rispetto il mio lavoro e questo era un modo per raccogliere energie e travasarle nella nuova stagione”.
C’è riuscito?
“Sì, con gesti semplici, lontani dalla frenesia dello sport. Dall’abitare la mia casa alle camminate, ai dialoghi con le persone che di solito vedo sporadicamente. Ho cercato di trovare altri impieghi per le mani”.
Tipo?
“Dal fare bene il pane a imparare la tipografia. Io e Matteo (Piano) ci siamo accompagnati ad altri amici. Siamo passati a Urbino dove c’è il Museo internazionale della stampa e abbiamo fatto un corso sulle varie tecniche. E’ anche un modo di raccogliere materiale per Brodo di Becchi”.
E di coltivare la vena artistica?
“Non ho mai smesso di leggere, ho appena cominciato “La montagna vivente” della scrittrice scozzese Nan Shepherd, mi sta piacendo molto. E continuo a scrivere, ho tutti i taccuini di viaggio dell’estate. L’arte mi ha sempre attirato. Avevo iniziato il Dams, ma per me sarebbe stato bello farlo in un determinato modo che era possibile dopo la maturità, ma non più ora, da giocatore. Non dico che non mi piacerebbe ricominciare con l’Università, per ora preferisco appoggiarmi a piccoli saperi, a corsi che magari durano una settimana, un mese, che mi insegnino a fare qualcosa”.
Viaggi da ricordare?
“Con Matteo siamo arrivati in tanti luoghi, per un concerto siamo andati a Matera, con tante tappe in Molise, Basilicata e Campania, a conoscere borghi quasi fantasma, perché d’estate si svuotano. Con anziani che raccontano storie incredibili. E poi il Sud della Francia e la Slovenia. Ne parleremo in podcast, siamo quasi riusciti a tenere il ritmo delle trasmissioni”.
Fisicamente come riparte?
“E’ stato un periodo di disinfiammazione e prevenzione. Ho seguito i programmi del preparatore atletico di Trento. E i problemi alla schiena del finale di campionato sono sotto controllo, so che ci devo stare attento”.
Non le è mancata la Nazionale?
“Sì, mi è mancata l’emozione di una convivenza, di una partecipazione da incasellare in un’esperienza magnifica, soprattutto perché mi sembra che il gruppo sia coeso e pronto. Li guarderò con il fiato sospeso”.
Con l’azzurro è stato solo un periodo di riposo?
“Credo di sì. L’estate di pausa era una cosa di cui sentivo il bisogno, ma riconosco le ambizioni e la bellezza di questo sport”.
Che resta della scorsa stagione a Trento e che cosa si aspetta dalla prossima.
“E’ stata un’annata un po’ strana, però ho imparato molto a vederla come una stagione vera, di grandissima intensità, e sono orgoglioso di come è andata. Come obiettivo sportivo poteva andare meglio, però mi sento abbastanza leggero e pronto a trovare chiavi di studio e a pensare cosa fare nella prossima”.
Avete appena ricominciato, come vede la nuova Trento?
“Ci sono tanti volti nuovi, mi sembra una bella squadra. Il nostro è un ruolo da sfidanti, a partire dalla Supercoppa dovremo essere bravi a trovare il nostro ritmo”.
Che ne pensa di Leon nel campionato italiano?
“E’ positivissimo per l’audience, ci sarà un gran seguito per un grandissimo campionato”.
E’ sempre stato attento alla valorizzazione del movimento, a che punto siamo?
“Questi Mondiali italiani e questi arrivi possono smuovere le acque. Ben vengano i nuovi arrivi, però sotto sotto, dai settori giovanili all’alto livello c’è ancora tanto da fare, ma manca la coesione. Non sarebbe male se i giocatori si unissero per mettere insieme una visione comune, per ravvivare il movimento. Una sorta di pensiero ecologico per la pallavolo”.
(Fonte: Gazzetta dello Sport)